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Abstracts della rivista

Abstract del numero 211, giugno 1998
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  • Giovanni D'Anna La 'scoperta' di Antonio Gramsci. Le 'Lettere' e i 'Quaderni del carcere' nel dibattito italiano 1944-1952 pubblicato sul numero 211 di Italia contemporanea, giugno 1998 Abstract: Con questo lavoro si intende portare un contributo allo studio di quella che è la più importante operazione politico-culturale del dopoguerra. In particolare si cerca di ricostruire dapprima l’incessante opera di "divulgazione" della figura gramsciana che Palmiro Togliatti svolse sin dai primissimi giorni del suo rientro in patria, poi le vicende relative alla pubblicazione postuma degli scritti carcerari, infine la grande eco che essi ebbero fin dalla loro uscita nelle due grandi "famiglie" culturali, quella cattolica e quella liberale, alle prese con un autore che scompaginava gli schemi interpretativi della storia italiana. Nell’area cattolica Gramsci suscita, nelle componenti dossettiane e nei movimenti giovanili, un grande interesse, cui si contrappone l’ostracismo della "Civiltà Cattolica". La cultura laica invece oscilla tra la tentazione di fare di Gramsci un crociano di sinistra e il rifiuto, motivato con l’appartenenza del pensatore sardo ad una ideologia totalitaria e antidemocratica come quella comunista, in inevitabile simbiosi con l’atteggiamento di Benedetto Croce che passa dalle lodi tributate all’uscita delle Lettere alla chiusura totale manifestata durante la pubblicazione dei Quaderni. Si è volutamente solo accennato alle vicende relative ai rapporti tra Gramsci e Togliatti e la sinistra in generale, argomenti assai dibattuti nella nostra storiografia. La scoperta di Gramsci è un momento fondamentale del dialogo tra la cultura comunista, quella cattolica e quella liberale, un dialogo sempre presente nella storia dell’Italia repubblicana.


  • Daniela Liebscher L'Opera nazionale dopolavoro fascista e la NS-Germeinschaft Kraft durch Freude pubblicato sul numero 211 di Italia contemporanea, giugno 1998 Abstract: Quando, nel 1933, il regime nazista fondò l’organizzazione del tempo libero NS-Gemeinschaft Kraft durch Freude (KdF), l’Opera nazionale dopolavoro (Ond) fascista esisteva già da otto anni. I nazionalsocialisti si riferirono direttamente all’organizzazione italiana copiandone persino la struttura amministrativa. Non solo la KdF e l’Ond si assomigliavano in quanto organizzazioni del consenso nei rispettivi regimi, ma il loro studio consente di verificare quanto e come la ricezione del fascismo nella Repubblica di Weimar agevolò la presa di potere da parte del nazionalsocialismo, contribuendo alla creazione di organizzazioni nazionalsocialiste. Subito dopo la fondazione della KdF, anche a causa delle particolari condizioni della politica estera, l’Ond venne considerata come una fastidiosa concorrente (1934-1935). Alla fine della guerra d’Abissinia, però, si avviò fra le due strutture una collaborazione, che venne confermata ufficialmente nel 1937 tramite un accordo tra i leader delle maggiori organizzazioni dei lavoratori, Robert Ley della Deutsche Arbeitsfront (Fronte tedesco del lavoro) e Tullio Cianetti della Confederazione fascista dei lavoratori dell’industria. In questo saggio viene fornito un primo resoconto di questa collaborazione. Dal 1937 al 1939, un vasto "scambio-operai" coinvolse funzionari e moltissimi lavoratori in veste di turisti. Nacque così il turismo di massa tedesco in Italia, ma anche l’idea di organizzare la migrazione di migliaia di lavoratori italiani in Germania. Contemporaneamente, l’accordo Ley-Cianetti s’inseriva nel movimento internazionale Gioia e lavoro, fondato e dominato dal Fronte tedesco del lavoro. Insieme ad altri paesi autoritari si cercò di creare una struttura contrapposta al Bureau international du Travail di Ginevra, il quale negli anni venti aveva messo la politica del tempo libero all’ordine del giorno degli stati industrializzati. Lo stretto rapporto tra la politica sociale fascista e quella nazionalsocialista va infine letto nel comune contesto internazionale, caratterizzato dalla politica delle otto ore lavorative e dall’avvio in Europa di nuovi sistemi produttivi di massa accompagnati da un’aggressiva organizzazione scientifica del lavoro, di cui la KdF e l’Ond erano le configurazioni più autoritarie.


  • Alessandra Minerbi Il "Pariser Tageblatt"/"Pariser Tageszeitung" 1933-1940. Un quotidiano dell'emigrazione antinazista a Parigi pubblicato sul numero 211 di Italia contemporanea, giugno 1998 Abstract: L’emigrazione antinazista tedesca, fortemente caratterizzata dalla presenza di intellettuali, si impegnò con mezzi e finalità diverse nella denuncia del regime; la stampa è una delle fonti più interessanti e ricche per ricostruire i dibattiti di quegli anni. Il “Pariser Tageblatt”, poi “Pariser Tageszeitung”, è stata una delle testate più importanti fra quelle uscite in esilio, espressione di un gruppo di intellettuali di orientamento democratico accomunati dalla volontà di fare dell’arma della parola uno strumento di lotta al nazismo. Unico giornale ad avere frequenza quotidiana per quasi sette anni, esso fece della denuncia del regime nazista il centro della sua analisi politica; volontà manifesta dei redattori era di non rimanere una testata “di emigrati per emigrati”, ma di contribuire alla presa di coscienza presso un pubblico ben più ampio di quali fossero i rischi dell’aggressività del Reich. Il “Pariser Tageblatt”/“Pariser Tageszeitung”, si contraddistinse da un lato per una grande lucidità nel cogliere alcune caratteristiche della politica tedesca — indubbiamente il tema principale tra quelli affrontatati dal giornale —, e dall’altra per essere espressione sia delle illusioni e speranze di coloro che vi collaborarono sia anche della ricchezza del dibattito intellettuale di quegli anni: dalla riflessione sul passato weimariano alle prospettive democratiche per il futuro, dalla funzione della letteratura nell’esilio alle possibilità di un’azione politica all’estero.


  • Alessandra Secci Una resistenza a metà. L'esperienza di opposizione antinazista dei Circoli friburghesi pubblicato sul numero 211 di Italia contemporanea, giugno 1998 Abstract: Il presente saggio prende in analisi una delle esperienze più significative di opposizione ideologica al nazismo, quella dei cosiddetti Circoli friburghesi (Freiburger Kreise), i più ‘dotti’ tra i gruppi protagonisti del Widerstand, la Resistenza tedesca. Noti alla storiografia per le loro competenze in materia sia di economia — per aver tracciato i fondamenti dell’economia sociale di mercato nei loro programmi di ricostruzione per una Germania postnazista — sia di teologia — per aver contribuito alla politicizzazione del dissenso e dell’autodifesa dei protestanti riuniti nella Chiesa confessante —, i Circoli friburghesi sono qui visti come l’autentico trait d’union tra la resistenza che si rifaceva alla tradizione borghese e conservatrice e quella ispirata alla fede cristiana protestante. Partendo da una ricostruzione delle circostanze che hanno determinato la formazione dei circoli, al centro dell’analisi si pone un esteso memoriale che intendeva offrire un modello di organizzazione della società tedesca alternativo a quello nazista e che costituiva la summa di tutto quanto veniva pensato durante gli incontri segreti delle persone che ad essi appartenevano. Seguendo il Leitmotiv del memoriale, ci si confronta prima con una riflessione storica sulle cause del caos politico dell’era nazista, poi con l’enunciazione degli aspetti programmatici, rigorosamente improntati a quella che viene riconosciuta come l’autentica etica protestante, infine con proposte di soluzione della questione ebraica rivelatrici di un non sopito sentimento antisemita. Intento principale di quest’analisi, che si snoda attraverso la storia e l’opera dei Circoli friburghesi come oppositori del nazismo, è quello di offrire un contributo all’individuazione dei possibili limiti teorici e ideologici di un fenomeno destinato al fallimento pratico come quello del Widerstand.

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