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Abstracts della rivista

Abstract del numero 212, settembre 1998
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  • Valentina Pisanty Sul negazionismo pubblicato sul numero 212 di Italia contemporanea, settembre 1998 Abstract: I negazionisti sono un gruppo di presunti storici che sostengono che la Shoah sia la "grande impostura del ventesimo secolo" e che Auschwitz e le camere a gas naziste non siano altro che un’invenzione della propaganda sionista, volta ad estorcere ingenti riparazioni di guerra alla Germania sconfitta. Per sostenere tale tesi i negazionisti si avvalgono di un metodo molto particolare di lettura dei documenti storici, che prevede: a. l’analisi di una qualunque testimonianza che attesti l’esistenza dello sterminio, isolata però dalla rete probatoria in cui essa è inserita, allo scopo di renderla più vulnerabile agli attacchi; b. la ricerca spasmodica di tutte le piccole inesattezze che la testimonianza (in quanto prodotto della memoria umana) può contenere, con l’intento di ingigantire l’importanza di tali anomalie; c. la deduzione che se la testimonianza è sbagliata su un determinato punto, nulla garantisce che non lo sia anche nel suo complesso; d. la conclusione che le ‘sbavature’ riscontrate non sono casuali, ma fanno capo a una precisa volontà di manipolazione ideologica da parte di "certi ambienti del sionismo internazionale". Da quanto detto consegue che il negazionismo non è altro che il capitolo più aggiornato del vecchio mito della cospirazione ebraica per la conquista del mondo, la cui espressione più nota è costituita dai falsi Protocolli dei Savi Anziani di Sion.


  • Pier Paolo Poggio La ricezione di Nolte in Italia pubblicato sul numero 212 di Italia contemporanea, settembre 1998 Abstract: La ricezione italiana dell’opera di Nolte presenta aspetti di notevole interesse per lo studio della revisione radicale del giudizio storico sul fascismo e il nazismo. Sino allo Historikerstreit la sua presenza nella cultura italiana, non solo in ambito storiografico, è moto limitata, le sue posizioni e interpretazioni vengono sottoposte a dure critiche in ambito specialistico. In pratica Nolte ha in Italia un unico interlocutore, sia pure di rilievo, nel filosofo cattolico Augusto Del Noce. La situazione cambia profondamente dalla seconda metà degli anni ottanta, allorché Nolte incontra un crescente successo e diventa un beniamino della stampa quotidiana e periodica come in nessun altro paese al mondo. In campo storiografico permangono diffidenze e posizioni critiche, dovute anche al radicalismo di alcune affermazioni di Nolte in materia di antisemitismo e sullo stermino degli ebrei. Lo stesso Renzo De Felice e la sua scuola mantengono forti distinzioni rispetto all’interpretazione noltiana delle ideologie contemporanee. Nondimeno, grazie in primo luogo all’interdipendenza tra comunismo e nazismo, gulag e Auschwitz, provocatoriamente proposta da Nolte, egli diventa un punto di riferimento obbligato nella riscrittura della storia del novecento, nella costruzione del revisionismo storico come impresa politico-ideologica direttamente gestita dai media.Queste tematiche generali costituiscono lo sfondo di un’analisi che cerca di ricostruire, in modo dettagliato, i percorsi della ricezione di Nolte in Italia, attraverso l’esame dei principali e più significativi contributi dedicati alla storiografia filosofica dello studioso tedesco.


  • Gianpasquale Santomassimo Il ruolo di Renzo De Felice pubblicato sul numero 212 di Italia contemporanea, settembre 1998 Abstract: L’opera di Renzo De Felice ha fornito grandi e imprescindibili contributi alla storia del fascismo; ha anche dato luogo a una lunga polemica con la storiografica di ispirazione antifascista, alimentata dai mass-media e dalle interviste dell’autore, che è stata parte integrante, in Italia, del dibattito storiografico sul fascismo. L’inserimento di De Felice nell’alveo del revisionismo storico, respinto dall’interessato, è stato sostenuto in primo luogo da numerosi estimatori che si sono richiamati alle sie tesi. I punti generali caratterizzanti del "revisionismo" di De Felice si possono riassumere nella tendenza a sfumare o negare la dimensione internazionale del fenomeno fascista, acuendo differenze e contrasti tra fascismo italiano, fascismo tedesco ed altre esperienze fasciste; nella tendenza a rivalutare momenti e aspetti del regime fascista nel raffronto con l’esperienza dell’Italia repubblicana; infine, nella propensione a ridimensionare ruolo e portata dell’antifascismo e della Resistenza nella storia d’Italia. Altri pinti controversi sono la negazione di responsabilità dirette del fascismo italiano nello sterminio degli ebrei; una ricostruzione della politica estera e coloniale fascista che ne attenua le connotazioni aggressive ed eversive dell’ordine internazionale; un riesame dei diversi aspetti dell’operato di Mussolini quale uomo di governo e "statista", che è sembrato privilegiare il terreno delle intenzioni anziché dei risultati, giungendo per questa via a valutazioni spesso benevole e giustificative del suo operato. L’intreccio strettissimo tra dibattito storiografico e polemica politico-culturale contro una mitica "vulgata antifascista", che ha caratterizzato, soprattutto nell’ultimo ventennio, le discussioni attorno all’opera di De Felice, ha creato un clima del tutto particolare, nel quale si sono intrecciati esaltazioni acritiche e rifiuti pregiudiziali, prescindendo spesso da un esame complessivo e approfondito dell’opera dello storico.


  • Leonardo Rapone Antifascismo e storia d'Italia pubblicato sul numero 212 di Italia contemporanea, settembre 1998 Abstract: Si discute molto dell’ideale antifascista, ma poco dell’antifascismo come movimento reale. L’antifascismo in passato era studiato all’interno di un contesto etico-politico che lo assumeva come fonte di legittimazione dello stato repubblicano; quando si è attenuato il senso della continuità tra passato e presente della democrazia italiana non sie è riusciti a ripensarlo ponendolo in rapporto innanzitutto con il suo tempo storico. Fino agli anni settanta si soleva vedere nell’élite antifascista l’interprete di sentimenti di estraneità ben più estesi Successivamente ciò venne messo in discussione non solo da De Felice, ma anche da studiosi di diverso orientamento, per i quali (Quazza) l’antifascismo manteneva un valore esemplare nell’opacità del quadro generale. Recentemente una nuova dicotomia si è presentata nelle proposte interpretative di Zunino e De Luna. Entrambi insistono sulla dimensione ristretta dell’antifascismo che il primo legge come segno di impotenza e di cui il secondo coglie invece il lato eroico rispetto alla mediocrità del paese. Entrambi però disegnano un quadro in cui risalta la separazione tra paese e antifascismo, sicché la storia di quest’ultimo risulta ’altra’ da quella delle correnti che determinano lo svolgimento della storia d’Italia. L’antifascismo dovrebbe essere ripensato come uno dei modi di essere della società italiana durante il fascismo, riconoscendo che, la di là del cerchio rappresentato dagli oppositori più decisi, è possibile individuare un’area più vasta in cui i soggetti , che pure accettano il monopolio fascista del potere, tentano di ricavarsi nella società spazi di autonomia dalla politica.


  • Enzo Collotti Il razzismo negato pubblicato sul numero 212 di Italia contemporanea, settembre 1998 Abstract: L’autore esamina il modo in cui dopo la liberazione è stata elaborata l’esperienza della persecuzione contro gli ebrei avviata dal regime fascista con la legislazione del 1938. Essa indaga sia le manifestazioni della memoria ebraica che assecondarono la tendenza a minimizzare la realtà della persecuzione anteriormente all’8 settembre 1943, sia i ritardi e le reticenze con i quali la storiografia ha affrontato la complessa problematica. L’autore confuta la linea interpretativa che tende a scaricare unicamente sulla Germania nazista le responsabilità della persecuzione: prima dell’8 settembre 1943, in quanto le leggi razziste sarebbero il frutto di pressioni tedesche; dopo l’occupazione tedesca dell’Italia, per l’evidenza della deportazione effettuata dai tedeschi. Contro ogni tendenza storiografica assolutoria, la relazione ribadisce il carattere autoctono della persecuzione (nel quadro della più generale politica della razza inaugurata dal regime fascista con la proclamazione dell’impero) e le corresponsabilità del collaborazionismo della Rsi per la stessa deportazione degli ebrei dall’Italia verso i campi di sterminio. In tal modo è riletta criticamente anche la pretesa estraneità alla "soluzione finale" dell’Italia, le cui responsabilità attendono ancora in buona parte di essere problematizzate.


  • Angelo Del Boca Il colonialismo italiano tra miti, rimozioni, negazioni e inadempienze pubblicato sul numero 212 di Italia contemporanea, settembre 1998 Abstract: A differenza di altre nazioni, dove è stata coraggiosamente affrontata una seria riflessione sul passato coloniale, l’Italia si è sottratta a questo obbligo; anzi ha favorito la rimozione delle colpe coloniali, con palesi falsificazioni, che hanno ostacolato la ricerca storica. Questo spiega perché ancora oggi, a sessant’anni dagli avvenimenti, si accendano roventi polemiche sull’utilizzo o meno dei gas in Etiopia, e non accenni a tramontare il mito degli "italiani brava gente". Il mancato dibattito sul colonialismo e la persistente lettura in chiave apologetica delle imprese africane non soltanto hanno consentito che fossero mandati assolti tutti i maggiori responsabili dei genocidi africani, ma hanno anche notevolmente influito sulla politica elaborata nei confronti delle ex colonie, che si caratterizza per rozzezza, improvvisazione, inadempienze e ritardi. L’Italia ha perso una grande occasione. Poteva ritornare in Arica per riparare con generosità i suoi torti e per svolgervi, con le capacità che nessuno le disconosce, una proficua collaborazione. Invece ha dilapidato ingenti capitali, a puntellato abiette dittature, ha costruito cattedrali nel deserto, ha aggiunto, alle vecchie, nuove ingiustizie, e non ha neppure finito di onorare i suoi debiti, come testimoniano il contenzioso con la Libia e la mancata restituzione dell’obelisco di Axum. La nuova politica inaugurata dal ministro degli Esteri Lamberto Dini e il viaggio del presidente Scalfaro in Africa orientale, con l’esplicita ammissione delle colpe coloniali, sembrano tuttavia costituire una svolta significativa e forse l’inizio di un nuovo modo di cooperare con i paesi del Terzo mondo.

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