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Abstracts della rivista

Abstract del numero 228, settembre 2002
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  • Paul Corner Fascismo e controllo sociale pubblicato sul numero 228 di Italia contemporanea, settembre 2002 Abstract: L’autore contesta l’odierno frequente ricorso al concetto di consenso popolare onde rivedere il tradizionale giudizio negativo sul regime fascista. In tale prospettiva egli valuta non solo il peso dell’apparato repressivo fascista, ma anche il condizionamento esercitato dal Pnf e dai sindacati di regime nonché il ruolo delle organizzazioni previdenziali e assistenziali, cercando di rispondere al quesito cruciale circa chi fossero i beneficiari di queste istituzioni. Ne scaturisce il quadro di un controllo sociale talmente capillare da non lasciare alla gente alcuna effettiva libertà di scelta. Sulla base di questi dati fattuali parlare di consenso della maggioranza della popolazione al fascismo non ha a suo avviso fondamento alcuno, sicché ingiustificato risulta il tentativo di rivalutare sul piano storico il regime fascista attraverso il concetto di consenso.


  • Monica Galfré La disciplina della libertà. Sull'adozione dei testi nella scuola fascista pubblicato sul numero 228 di Italia contemporanea, settembre 2002 Abstract: La fascistizzazione della scuola media non implicò la soppressione della libertà di produzione e di scelta dei testi, come avvenne con il libro di Stato per l’istruzione primaria. Formalmente gli insegnanti conservarono l’autonomia didattica concessa nel 1923 dalla riforma Gentile, che però non compromise la piena attuazione del progetto educativo fascista. Al contrario di quanto hanno asserito molti studiosi, la scuola secondaria non fu uno spazio di libertà all’interno di un contesto liberticida. La ricostruzione della normativa sui libri di testo, e l’analisi della sua applicazione nella vita degli istituti (con particolare attenzione al caso del liceo Dante di Firenze), vuol mostrare la capillarità del controllo e del condizionamento approntati dal regime anche su questo aspetto dell’insegnamento. Nel determinare le modalità e i canali reali delle adozioni - snodo decisivo del processo di diffusione dei testi scolastici - si rivelarono decisive le condizioni in cui gli insegnanti si trovarono ad esercitare tale facoltà di scelta: le relazioni gerarchiche e personali interne al microcosmo scolastico, nella loro dialettica con l’autorità centrale; e i legami tra docenti e case editrici, nelle quali il fascismo trovò delle potenti alleate. In questo senso il controllo ministeriale e le esigenze di fascistizzazione da un parte, le strategie editoriali e le ragioni del mercato dall’altra, limitarono la libertà dell’insegnante, intervenendo nella fase che precedeva il momento formale della scelta, laddove le ragioni del regime mal si distinguevano dalle proprie. Fu questo il terreno che favorì anche l’applicazione delle leggi razziali del 1938 nelle loro conseguenze sulla politica del libro scolastico.


  • Riccardo Lascialfari "Tempo". Il settimanale illustrato di Alberto Mondadori 1939-1943 pubblicato sul numero 228 di Italia contemporanea, settembre 2002 Abstract: Le pagine che seguono intendono ricostruire alcuni aspetti legati alla vicenda del settimanale "Tempo", la rivista illustrata che il giovane Alberto Mondadori fondò a pochi mesi dall’inizio della seconda guerra mondiale e che diresse fino al crollo del fascismo (il primo numero esce il 1º giugno 1939). A soli venticinque anni, insieme a un primo nucleo di giovani intellettuali, tra cui Indro Montanelli, Carlo Bernard e Lamberti Sorrentino - decisivo sarà comunque il sostegno del padre Arnoldo che finanziò l’impresa intuendone il possibile tornaconto politico -, Alberto tentò la strada che certe pubblicazioni estere, il modello sarà l’americana "Life", stavano battendo già da qualche anno: la recente introduzione della stampa a rotocalco rendeva praticabile l’idea di un giornalismo agile, divulgativo, basato sull’impiego massiccio delle immagini e del colore. "Quello che si diceva con le foto non lo so si diceva con il testo" ricorderà Munari, che di "Tempo" curò l’impostazione grafica. Gli articoli e le immagini della guerra che si susseguono settimanalmente dai fronti, il linguaggio ideologico e simbolico adoperato, tipico della "cultura militare" con la quale il regime aveva bulicamente nutrito coloro che il fascismo - ebbe a sostenere Alberto - lo trovarono "già nato e cresciuto", il divario creato dalla propaganda sempre più invasiva del Minculpop tra la guerra immaginata e quella reale: tutto ciò fa sì che l’esperienza di "Tempo" - alla quale si è sempre accennato ma di cui quasi mai si è scritto - non solo si inserisca a pieno titolo nella delicata fase di passaggio - culturale e storica - in cui il mondo dell’editoria e del giornalismo vennero a trovarsi sul finire degli anni trenta, ma permetta anche specifiche riflessioni sulla spinosa questione storiografica riguardante il consenso degli intellettuali al fascismo e il loro più o meno scoperto "nicodemismo".

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