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Abstracts della rivista

Abstract del numero 248, settembre 2007
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  • Marco Novarino L'esilio politico e culturale dopo la guerra civile spagnola pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Tra il luglio 1936 e il marzo 1939, si svilupparono movimenti migratori composti da decine di migliaia di esuli che si erano battuti a favore della Repubblica e che dovettero abbandonare la Spagna, insieme alle loro famiglie, a seguito della sanguinaria repressione messa in atto dall’esercito nazionalista. Si calcola che gli spagnoli che si trasferirono in Francia furono circa mezzo milione (il 2 per cento della popolazione totale). Tra l’aprile e il dicembre 1939 circa la metà dei fuoriusciti decise di rimpatriare. Tra coloro i quali invece scelsero di non rientrare, alcuni presero la via dell’America Latina, altri, allo scoppio della seconda guerra mondiale, vennero mobilitati nelle industrie belliche francesi o si arruolarono nella Legione straniera e nell’esercito francese allo scopo di combattere i nazisti. Il paese che si mostrò più solidale con gli esuli fu il Messico, che non riconobbe il regime di Franco fin quando la Spagna non fece ritorno nel consesso delle democrazie, ma anche altri paesi (europei e latinoamericani) aprirono le frontiere e accolsero i profughi. Numerose università, soprattutto sud e centro-americane, permisero a intellettuali e scienziati spagnoli di riconosciuto valore di continuare le loro ricerche e di svolgere un regolare insegnamento. L’esodo di una parte importante della cultura spagnola rappresentò da un lato un consistente danno in Spagna e, dall’altro, un arricchimento per i paesi che diedero asilo politico a intellettuali, cattedratici e scienziati spagnoli, facendo progredire in modo tangibile il loro livello culturale e accademico. In opposizione alla Spagna franchista sopravvisse, fuori dal territorio nazionale e per circa quarant’anni, un’altra Spagna, sorretta da altri valori, costituita da comunità fortemente coese che ricostruirono organizzazioni politiche e culturali, diedero alle stampe libri e riviste, costituirono scuole e centri culturali.


  • Alicia Alted Vigil Il contributo dei rifugiati spagnoli alla società messicana pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Sotto il profilo culturale e scientifico, l’esilio dovuto alla guerra civile spagnola comportò una perdita molto significativa per il paese d’origine, ma contribuì al tempo stesso — dato il suo perdurare — ad arricchire la vita economica e intellettuale dei paesi che accolsero i rifugiati. Tale fenomeno è particolarmente rilevante nel caso del Messico, il cui governo appoggiò la Repubblica fin dall’inizio della sollevazione militare, sia con un impegno diplomatico, sia inviando materiale bellico e generi alimentari, sia, infine, accogliendo gli esuli. Già nell’agosto 1938 venne creata la Casa de España, cui seguì, nell’ottobre 1940 il Colegio de México, entrambe strutture destinate ad accogliere gli intellettuali spagnoli esuli, aiutandoli ad esercitare le propria professione. Il saggio tratta l’inserimento nella vita culturale del paese di un’emigrazione che si concentrò nella capitale e che fu connotata — i criteri di selezione decisi dal governo non vennero infatti rispettati — da un alto profilo professionale, che ne favorì l’inserimento nel corso di un processo di industrializzazione che richiedeva manodopera e tecnici qualificati. L’autrice delinea le organizzazioni che si impegnarono per restituire un futuro professionale agli esuli; le imprese da loro promosse (specialmente in campo educativo); le reazioni dei diversi strati della popolazione nei confronti degli esuli; il loro prevalente inserimento nella borghesia medio-alta del paese e le loro principali realizzazioni, quali la Fundación benéfica hispana, principale istituzione sanitaria dell’esilio, e il Colegio Madrid, una delle scuole più caratterizzanti il loro impegno. Un contributo, quindi, di grande rilievo nei più diversi settori, dal giornalismo a vari rami dell’industria, dall’insegnamento agli istituti di ricerca scientifica alla storia.


  • Consuelo Naranjo Orovio Reti culturali. L'esilio repubblicano a Portorico e Cuba pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Quest’analisi dell’esilio spagnolo si riallaccia a precedenti studi sulle relazioni culturali, accademiche e personali avviate — sin dalla creazione della Junta para ampliación de estudios nel 1907 — con numerosi paesi, soprattutto latinoamericani. L’esistenza di rapporti culturali anteriori alla guerra civile spagnola, che diedero vita a reti scientifiche e culturali tra la Spagna e Portorico, agevolò l’arrivo e l’inserimento dell’esilio intellettuale spagnolo nell’isola. Furono queste reti, intessute da numerosi scienziati e intellettuali spagnoli con studiosi e istituzioni all’estero, e le solide e comuni ricerche che avevano raggiunto straordinari livelli già prima del 1936, a consentire, pur nel dolore e nello strappo, una continuità. Il saggio studia le ripercussioni del conflitto spagnolo sulle realtà di Portorico e Cuba, l’arrivo dei profughi e come furono ricevuti, le condizioni politiche e culturali che ne favorirono l’inserimento, i legami con le società d’accoglienza e, soprattutto, con le comunità spagnole residenti nelle due isole caraibiche, la loro partecipazione culturale e, in qualche caso, l’attività politica svolta, oltre ai diversi aspetti del percorso professionale degli scienziati, degli intellettuali e degli artisti repubblicani. A Portorico, essi esercitarono nell’università e in altre istituzioni duratura influenza su generazioni di studenti e sui centri di ricerca delle discipline umanistiche e scientifiche, in particolare rinnovando gli studi di medicina e psichiatria. A Cuba, la Escuela Libre de La Habana fu particolarmente attiva nell’inserimento degli esuli e sviluppò il progetto pedagogico elaborato in Spagna. Se per molti Cuba restò un paese di passaggio, anche per le restrizioni in materia di lavoro, il clima politico favorì l’accoglienza e, quando si delineò l’esito della guerra civile, alcuni intellettuali elaborarono progetti per dare continuità al proprio lavoro e mantenere la collaborazione tra i rifugiati.


  • Ángel Herrerín López Spagnoli nella Repubblica Dominicana. Un esilio di andata e ritorno pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Terminata la guerra civile, un significativo numero di spagnoli lasciò l’Europa per cercare rifugio in America. In molti paesi l’esilio ebbe importanti ricadute sociali, economiche e culturali, ma non si trattò sempre di un esilio “dorato”. I circa 4.000 spagnoli che arrivarono a Santo Domingo (quantitativamente il secondo paese di accoglienza, seppur temporanea, dopo il Messico) non riuscirono a integrarsi, sopravvissero in condizioni difficili e spesso misere grazie ai sussidi dei comitati di sostegno repubblicani e nella quasi totalità abbandonarono infine il paese. Tale esito fu determinato da più fattori. La selezione alla partenza dei rifugiati venne fatta in base alle appartenenze e alle responsabilità politiche, senza tener conto del mercato del lavoro del paese di arrivo. La Repubblica Dominicana era infatti un paese relativamente arretrato, mentre gli esuli provenivano principalmente dal terziario. Così la maggioranza non seppe inserirsi in un’economia basata sul settore primario e il tentativo del governo di insediare i rifugiati in colonie agricole si rivelò un fallimento. Soltanto un’esigua minoranza trovò lavori ben remunerati nell’università o nell’amministrazione pubblica, anche grazie all’iniziativi di dominicani che seppero mettere a frutto il patrimonio intellettuale dei rifugiati per promuovere istituzioni culturali e migliorare la docenza universitaria, un risultato integrato dalla creazione di centri di insegnamento privato. La dittatura di Trujillo pose poi precisi limiti alle attività degli esuli, che subirono la repressione del regime. L’abbandono dell’isola non fu facile, in una fase in cui gli effetti della crisi mondiale spinsero anche paesi come il Messico a porre precisi vincoli all’immigrazione, mentre la redazione delle liste d’imbarco, le pressioni del regime di Trujillo e poi la guerra mondiale generarono altre difficoltà.


  • María Eugenia Martínez Gorroño, Juan Luis Hernández Álvarez L'esilio repubblicano in Colombia. Contributi al progresso culturale, socio-economico e scientifico pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: L’afflusso in Colombia di repubblicani spagnoli, esuli della guerra civile, fu abbastanza ridotto sotto il profilo quantitativo, a causa di una politica d’accoglienza restrittiva e di una selezione funzionale alle necessità del paese. Il partito liberale allora al potere favorì l’arrivo di alcuni gruppi di professionisti, intellettuali e scienziati che, nei rispettivi campi di attività, aprirono nuove strade ed ebbero un’incidenza enorme nella società, nella cultura, nell’istruzione, nell’industria, nella ricerca e nello sviluppo scientifico. Gli spagnoli che vennero accolti svolsero un lavoro enorme intorno al quale si organizzarono e strutturarono in Colombia diversi settori. Vennero create diverse istituzioni, volute e dirette da specialisti che avevano dovuto abbandonare la Spagna, che operarono come promotori di innovazione e di crescita per il paese, e la cui attività fu poi proseguita dai loro allievi colombiani. Di fronte alla difficoltà di delineare in un saggio relativamente breve l’esilio repubblicano in Colombia nel suo complesso, senza incorrere in eccessive semplificazioni, si è scelto di delineare il contributo di tre esuli: José Cuatrecasas Arumi, botanico di fama internazionale tra i maggiori del Novecento; Antonio García Banús chimico farmaceutico anch’egli di livello internazionale; e Manuel Usano Martín, giovane medico e professore di educazione fisica. I loro percorsi rappresentano in modo emblematico l’enorme importanza del contributo fornito dai rifugiati alla vita socio-culturale ed economica della Colombia, così come l’elemento comune e abbastanza generale proprio di tale gruppo, rappresentato dal lavoro all’interno delle università.


  • Salomó Marquès Sureda I contributi pedagogici repubblicani alla scuola in Venezuela pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Il saggio illustra i contributi pedagogici forniti dai maestri repubblicani, esiliati a causa della guerra civile spagnola, al Venezuela. Dopo aver attraversato il confine con la Francia ed essere in maggioranza rinchiusi in campi di concentramento, un numero considerevole di maestri poté andare in America. Il Messico ne accolse, con grande generosità, il maggior numero, e senza chiedere nulla in cambio, mentre il Venezuela rappresenta per importanza la loro seconda destinazione. Per dare un’idea dell’entità del fenomeno, basti pensare che a lasciare il paese fu più del 10 per cento dei maestri della Catalogna, il che significò un impoverimento della Spagna sotto il profilo culturale ed educativo e insieme una straordinaria occasione per i sistemi educativi dei paesi che li accolsero. I maestri costretti a lasciare la Spagna — provenienti per lo più dalla Catalogna e dai Paesi Baschi — erano uomini e donne convinti dell’importanza dell’istruzione per poter edificare un paese moderno. Essi misero in pratica il modello educativo repubblicano, che si basava sull’educazione attiva — basata sull’osservazione, sulla sperimentazione e sulla stimolazione degli interessi dei bambini — e ispirata ai più avanzati principi pedagogici, come quelli della Montessori, di Freinet, di Decroly e di altri, e su un’idea di scuola laica e versatile. Alcuni di loro fondarono propri istituti — a volte prestigiosi — a Caracas, Maracaibo e in altre città del Venezuela. Pur partendo da differenti posizioni politiche (si andava dai nazionalisti catalani e baschi per arrivare a comunisti e anarchici), gli esuli presentavano alcuni elementi in comune come l’antifranchismo e il repubblicanesimo. Il saggio indaga il lavoro individuale e collettivo svolto da questo gruppo di insegnanti, illustrando inoltre i principali casi personali.


  • Inmaculada Cordero Olivero, Encarnación Lemus López L'esilio repubblicano in Argentina e Cile pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Il saggio affronta la storia dell’esilio repubblicano in Cile e in Argentina alla ricerca di similitudini e differenze e con l’intento di rispondere a una serie di interrogativi che riteniamo essenziali per lo studio di ogni esilio: i fattori che hanno giocato a favore o contro l’arrivo dei rifugiati spagnoli nel Cono sud americano, le dimensioni del fenomeno e le caratteristiche sociali e professionali degli esuli, la loro integrazione nei paesi d’accoglienza e i rapporti che hanno mantenuto con la Spagna. Determinanti furono l’orientamento dei governi e i rapporti di forza politici: anche quando in Cile vinse il Fronte popolare nel 1938, l’impegno del governo a favore dei rifugiati restò limitato e gli ingressi selezionati sotto il profilo professionale e della provenienza regionale, con la tendenziale esclusione di intellettuali e liberi professionisti. Forte era la diffidenza dell’opinione pubblica verso gli esuli, alimentata dalla stampa e dalla destra, anche se essi finirono per rappresentare una preziosa risorsa nelle istituzioni culturali e nella vita economica. In Argentina la solidarietà fu maggiore, ma i governi conservatori ostacolarono gli insediamenti. Sotto il profilo professionale, prevalsero in Argentina intellettuali e professionisti, anche grazie a reti di rapporti preesistenti, ma la loro presenza nelle istituzioni culturali divenne molto difficile dopo il colpo di Stato di Perón. Al contrario, l’esilio in Cile fu principalmente di lavoratori manuali. Il saggio delinea infine la trasformazione dell’identità repubblicana di origine, per effetto del forzato abbandono della speranza di un rientro in patria e dell’interazione con il nuovo ambiente. La maggior parte degli esuli decise infine di integrarsi, accettando il presente delle società d’accoglienza e sviluppando “identità intermedie” frutto delle diverse componenti della propria storia personale.


  • Germán Rueda Emigranti negli Stati Uniti a cavallo della guerra civile. Docenti, scienziati, giornalisti, artisti e comunità spagnola pubblicato sul numero 248 di Italia contemporanea, settembre 2007 Abstract: Gli “esuli” della guerra civile spagnola non erano ufficialmente tali negli Stati Uniti, ma in teoria solo degli “immigrati”. Quelli che entrarono regolarmente negli Stati Uniti, si adattarono alle leggi del paese e dovettero cercare gli strumenti legali per rimanervi, per esempio perché chiamati da stretti famigliari a svolgere un lavoro che ne giustificasse la presenza. Buona parte di loro erano docenti universitari — soprattutto di Lingua e letteratura spagnola —, ma vi erano anche scienziati, ricercatori, artisti e giornalisti e docenti di altre materie che negli Stati Uniti passarono alla filologia. In termini generali, si può dire che il contributo degli esiliati alla scienza statunitense, pur del tutto marginale in quel contesto, è significativo rispetto a quello che contemporaneamente si faceva in Spagna. La stampa in lingua spagnola negli Stati Uniti — nonostante le scarse tirature, con l’eccezione di “La Prensa” e di “La Gaceta” di Tampa (Florida) —svolse un ruolo decisivo nel conservare la cultura e, soprattutto, la consapevolezza di appartenere alla comunità spagnola; inoltre, seguì le notizie sulla Spagna (e su altri paesi europei), alle quali i giornali nordamericani prestavano un’attenzione scarsa per non dire nulla. L’arrivo a New York di esuli che erano stati politicamente impegnati nella penisola radicalizzò le posizioni di molti spagnoli già residenti e di varie associazioni che, per lo più, si schierarono a favore della Repubblica. La comunità spagnola era cosciente dell’importanza che aveva l’orientamento dell’opinione pubblica statunitense nei confronti della guerra civile spagnola. Per questo la maggioranza delle società ispaniche degli Stati Uniti promosse un gran numero di attività volte a sostenere la causa repubblicana, mentre minori furono quelle a sostegno della Spagna franchista.

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