Da oggi è in libreria il libro di Massimo Castoldi, Insegnare libertà. Storie di maestri antifascisti, Roma, Donzelli, 2018, il terzo della serie curata dalla Fondazione Memoria della Deportazione, dopo
1943.1945: I «bravi» e i «cattivi». Italiani e tedeschi tra memoria, responsabilità e stereotipi.
È dedicato a quella parte della classe magistrale, fieramente risoluta nel proprio compito, disposta a combattere con ogni mezzo la propaganda del regime, tra i quali molti o molte furono costretti o costrette a lasciare l’insegnamento, conobbero il confino, caddero vittime della violenza fascista e poi, anche, di quella nazista.
Nei primi anni del secolo, dalla fondazione dell’Unione magistrale nel 1900 all’istituzione del Sindacato magistrale aderente alla Confederazione generale del lavoro nel 1919, i maestri avevano acquisito sempre più consapevolezza del loro ruolo di educatori e di operatori sociali, non ritenendosi più soltanto sacerdoti laici con la missione dell’educazione nazionale.
Sentivano di dover partecipare in modo attivo alla vita socio-culturale dell’Italia, nella lotta contro l’analfabetismo, nella creazione di una coscienza civica e unitaria, ma anche nello sviluppo del socialismo o del cattolicesimo popolare, che, sebbene in conflitto tra loro, si fondavano sulla medesima necessità di un’istruzione diffusa.
Se il fascismo guardò alla scuola elementare come al luogo di formazione e di costruzione della coscienza del nuovo bambino soldato fedele al regime, molti maestri ne contrastarono il linguaggio e i modelli culturali, educando i bambini a principi alternativi: patriottismo, e non nazionalismo, solidarietà, fratellanza e libertà, anziché violenza, razzismo e cieca obbedienza.
Maestre furono Elvira Berrini Pajetta, oltre a essere la madre di tre spiriti fondatori dell’Italia democratica, che conobbero il carcere (Giancarlo), la deportazione a Mauthausen (Giuliano) e la morte in combattimento (il diciannovenne Gaspare, ucciso il 13 febbraio 1944), Clelia Montagnana, sorella di Rita, moglie di Palmiro Togliatti, ma anche la cattolica Anna Botto, morta a Ravensbrück, alla quale è dedicato un capitolo del libro.
Il volume racconta infatti soltanto dodici storie, ma potrebbero essere molte di più. Lo scopo è stato quello di rappresentare modalità differenti di opposizione alla cultura dominante, da quelle più aperte e frontali, a quelle più calcolate e addirittura dissimulate. Uomini e donne, socialisti, cattolici, liberali o semplicemente patrioti, questi maestri e queste maestre testimoniano che la loro battaglia silenziosa fu possibile, nonostante tutto, e che è stata, ben oltre la sfida e la ribellione, una vera lezione di Resistenza civile.
Indice del volume:
Introduzione
- L’assassinio di Carlo Cammeo
- Il sacrificio di Franz Innerhofer
- Anselmo Cessi, un patriota cattolico ucciso dai fascisti
- L’alta coscienza socialista di Alda Costa
- Mariangela Maccioni, la maestra antifascista di Nuoro
- Abigaille Zanetta, una combattente
- Fabio Maffi, il maestro dei maestri
- Carlo Fontana, da assessore a sindaco di Magenta
- Aurelio Castoldi, dal sindacato dei tipografi alle edizioni Labor
- Giuseppe Latronico, il direttore didattico amico di Gobetti
- Anna Botto e le tre corone del rosario, da Vigevano a Ravensbrück
- Salvatore Principato e l’esempio come educazione civica
Indice dei nomi