Il viaggio di Roberto Camerani con la Fondazione alla Casa della Cultura

Milano, 3 giugno 2019, ore 18.00 Casa della Cultura, Via Borgogna 3. La Fondazione Memoria della Deportazione, in collaborazione con la Casa della Cultura, presenta il volume IL VIAGGIO DI ROBERTO, di Roberto Camerani e Giovanni Redaelli, Pensa MultiMedia editore.

Saluti di Ferruccio Capelli Direttore Casa della Cultura, Floriana Maris Presidente Fondazione Memoria della Deportazione. Coordina Giovanna Rosa docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea Università degli Studi di Milano. Interventi di Adele Camerani Cerizza figlia di Roberto, Giovanni Redaelli autore graphic novel, Valeria Palumbo giornalista e storica delle donne.

Locandina

Le ragioni del libro

La Fondazione Memoria della Deportazione ha deciso di ristampare in questa nuova edizione il diario Il viaggio di Roberto Camerani, che fu antifascista, resistente, deportato a Mauthausen e, dopo la Liberazione, tra i massimi testimoni della deportazione.

Il volume riproduce anche le immagini di alcuni dei documenti originali, che la figlia Adele lo scorso anno ha donato al nostro archivio.

Le parole di Camerani saranno negli anni a venire una fonte importante, soprattutto per chi vorrà ricostruire e approfondire la storia della deportazione dall’Italia di prigionieri per motivi politici, per chi cercherà di ritrovarvi tracce di luoghi, situazioni e persone, che Roberto ha vissuto e raccontato.

La sua è certamente una testimonianza tra tante, e tutte oggi fondamentali per ricostruire su di esse una vicenda altrimenti documentabile solo dalle residue, sia pur inconfutabili, tracce d’archivio, che ci restituiscono i nomi, a volte le condizioni di vita, ma non le vite e gli ideali che le hanno guidate.

L’empatia col mondo giovanile

Ma ciò che lo ha distinto, tra molti altri deportati, negli anni della testimonianza, furono la sua capacità comunicativa e la sua naturale empatia col mondo giovanile.

«Forse avrei mai scritto niente», scrive, «se non fossi stato stimolato a farlo da quella straordinaria scolaresca di Colle Val d’Elsa, III Media, anno 1978/79 che venne a scovarmi per uno di quei casi strani della vita».

E così fu. Roberto da allora non si fermò, non smise mai di incontrare giovani nelle scuole, di accompagnarli a Mauthausen, mostrando loro luoghi ed evocando memorie, e discutendo con loro non solo le atrocità della propria esperienza, ma anche le sue ragioni storiche.

Si tratteneva spesso, e con determinazione, soprattutto nel confronto con chi era più diffidente e meno disponibile ad accogliere e a far propria quella memoria.

Morì a Cernusco sul Naviglio, vicino a Milano, dove a lungo visse, il 20 luglio 2005. Aveva ottant’anni. Ricorda Valeria Palumbo di non avere mai visto «tanti ragazzi dire addio a un signore che aveva molti anni sulle spalle», «riempivano la chiesa e allungavano il corteo funebre oltre la piazza».

L’incontro con Giovanni Redaelli

Uno di questi giovani era Giovanni Redaelli, che ancora bambino era andato a vedere il lager con Roberto: e per tutta la vita non ha potuto rinunciare a fare propria la sua scelta di libertà, la sua fedeltà ai propri principi, la sua coerenza.

Ne è nato un romanzo a fumetti, graphic novel, che rielabora e riscrive nel linguaggio di Giovanni quella testimonianza.

Abbiamo voluto pubblicare entrambi i testi nei due diversi linguaggi, diario e graphic novel, per lasciare una traccia di questo incontro, di questo dialogo profondo tra Roberto e Giovanni: tra chi ha vissuto e sofferto per difendere a ogni costo i propri ideali di libertà e giustizia e chi, dopo averlo incontrato, li ha fatti propri e li ha voluti e saputi rappresentare e trasmettere ad altre generazioni.

Questo per mantenere intatto l’impegno di Roberto «a non odiare e ad amare sempre… e ad essere sempre e semplicemente un uomo in mezzo agli uomini» e a combattere, come scrive Gianfranco Maris nella presentazione, quel «veleno per la coscienza» rappresentato dalla sempre più minacciosa e diffusa «cultura dell’oblio».