Il Novecento tra storia e letteratura

Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli

Assessorato alla Scuola e all’Istruzione del Comune di Napoli

Cattedra di Letteratura Italiana del Corso di Laurea in Lingue e Letterature Moderne Europee (Università Federico II di Napoli)

CIDI (Centro Iniziativa Democratica Insegnanti)

Istituto Campano per la Storia della Resistenza “Vera Lombardi” Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

 

 

 

 

Ciclo di lezioni

 

                     Il Novecento tra storia e letteratura

 

 

Ogni Istituto Scolastico ha la responsabilità di organizzare e ottimizzare  tutte le risorse e gli strumenti disponibili per rispondere al meglio alle esigenze del territorio in cui opera  in relazione alla propria finalità istituzionale. La continua evoluzione del processo di apprendimento/insegnamento rende indispensabile  delineare un sistema educativo sempre più organico, collaborativo e innovativo tra scuola, università e istituti culturali e in un rapporto più stretto con la società tutta e con il mondo del lavoro e delle professioni. La scuola oggi è chiamata a sviluppare “saperi vivi”, cioè fornire strumenti per pensare ed agire. La didattica laboratoriale è ben rispondente a queste necessità educative perché  incentrata su  un approccio per competenze. In questa ottica la quota di autonomia del curricolo scolastico per ogni Istituto costituisce un valore aggiunto per rafforzare l’integrazione Scuola-Territorio e un’opportunità per potenziare la propria offerta formativa senza costi aggiunti.

In tutti gli ambiti disciplinari si sta focalizzando l’attenzione sulle connessioni tra conoscenze e abilità, intese come binomio inscindibile nella formazione degli studenti sia per quanto riguarda la qualità del “prodotto in uscita” dalla scuola, sia per quanto attiene alla possibilità, nello sviluppo del curricolo verticale, di programmare coerentemente il percorso. In sostanza si sostiene da più parti la necessità di costruire un itinerario formativo complessivo che gerarchizzi coerentemente tanto le conoscenze quanto le abilità ad esse connesse in modo da creare basi solide sulle quali innestare le ulteriori competenze, in quantità e velocità di apprendimento progressivamente crescente.

Le coordinate del ciclo di lezioni Il Novecento tra storia e letteratura si muovono proprio da queste premesse e si incentrano sulla costruzione di una coscienza europea attraverso l’analisi dei passaggi più significativi della storia e della letteratura del Novecento del nostro vecchio continente.

Il filo metodologico che connette il tutto si sostanzia dell’approccio epistemologico di tipo storico (con particolare riferimento alla storia contemporanea) e dell’opzione didattica ancorata al laboratorio, appunto, di storia, inteso come attitudine mentale, pratica operativa e luogo fisico debitamente attrezzato e spazio di confronto tra le diverse componenti che ne fanno parte.

Alla luce di tali orientamenti, si perseguono finalità e obiettivi formativi; si individuano e coltivano le adeguate motivazioni; si concorre all’acquisizione delle competenze; si mettono a fuoco contenuti ed attività.

 

 

 

 

 

 

Finalità

L’azione si prefigge di:

a)      Aiutare ogni allievo a prendere consapevolezza delle proprie attitudini, capacità  e inclinazioni, e  riuscire, sulla base di esse, a immaginare e progettare il proprio futuro predisponendosi a gettarne le basi con adeguate assunzioni di responsabilità;

b)      Rendere più flessibile l’approccio didattico;

c)      Implementare un sistema sinergico tra istruzione, formazione, lavoro;

d)     Avere un ulteriore strumento di valutazione delle competenze  acquisite con modalità non formali;

e)      Concedere nuove motivazioni per risvegliare in tutti i ragazzi la volontà di ritrovare nella scuola un luogo di formazione e di crescita collettiva, oltre che rafforzare la visione dell’Istituzione;

f)       Proporre l’uso di stili comunicativi e d’insegnamento finalizzati all’utilizzazione di metodi e strumenti didattici innovativi predisposti appositamente per appassionare ed affascinare i giovani ed avvicinarli al mondo della scuola e della formazione.

 

 

 

Obiettivi formativi:

 

  • Individuare le radici dei processi storici
  • Percepire gli eventi storici nella loro dimensione locale, nazionale, europea e mondiale
  • Riflettere sul rapporto fra usanze, vicende storiche e caratteristiche del territorio
  • Riconoscere permanenze e discontinuità nei processi storici
  • Analizzare uno spazio attraverso l’attivazione di tutti i sistemi sensoriali, scoprirne gli elementi caratterizzanti e collegarli tra loro in una trama di relazioni
  • Osservare e confrontare oggetti e persone di oggi con quelli del passato
  • Leggere rappresentazioni iconiche e cartografiche
  • Formulare proposte di organizzazione di spazi vissuti e di comportamenti da assumere in tali spazi
  • Conoscere e valorizzare il territorio attraverso la sua storia
  • Sviluppare il senso della memoria storica nelle sue molteplici dimensioni
  • Avvicinare gli alunni alle problematiche storiche e ai diversi approcci nello studio della storia
  • Promuovere e diffondere la conoscenza della storia locale e in particolare le sue vocazioni e risorse culturali
  • Costruire una metodologia della ricerca rigorosa
  • Far acquisire e favorire le propensioni all’uso delle fonti storiche
  • Consolidare l’utilizzo delle nuove tecnologie, soffermandosi anche sulle implicazioni semantiche che il loro reimpiego comporta
  • Sollecitare nuove forme di partecipazione e cittadinanza attiva in una dimensione europea, come quella che trascenda, trasformi e arricchisca le dimensioni locale e nazionale rispetto alle quali non risulti sovrapposta e aggiuntiva, bensì qualificante sotto il profilo identitario.

 

 

 

Competenze di cittadinanza

 

Imparare ad imparare:

-           Saper essere consapevoli dei propri bisogni e delle proprie inclinazioni anche attraverso la ricerca e l’uso delle opportunità di orientamento

-           Imparare a riconoscere e comprendere i propri punti di forza e i punti di debolezza in relazione alle abilità possedute

       Comunicare:

-                     Saper essere disponibili al dialogo critico e costruttivo

-                     Saper esprimere e comprendere diversi punti di vista

Collaborare e partecipare :

-                     Agire in modo autonomo e responsabile

-                      Individuare collegamenti e relazioni

-                     Acquisire ed interpretare l’informazione ricevuta nei diversi ambiti e attraverso diversi strumenti comunicativi, valutandone l’attendibilità e l’utilità, distinguendo tra fatti  e opinioni

 

Competenze degli assi culturali

Asse storico-socialeSaper percepire quanto gli eventi storici influiscono sul cambiamento, la continuità tra epoche, aree geografiche e culturali Padronanza dell’asse storico-socialeComprendere il cambiamento e la diversità dei tempi storici

 

 

 

 

Competenze trasversali

- Organizzare il proprio apprendimento individuando, scegliendo ed utilizzando varie fonti e varie modalità di informazione, anche in funzione dei tempi disponibili, delle proprie strategie e  del proprio metodo di lavoro e di studio

- Riflettere sui propri atteggiamenti in rapporto all’ altro anche in contesti multiculturali, interagire in gruppo, valorizzando le proprie e le altrui capacità, gestendo la conflittualità e contribuendo all’apprendimento comune

- Collocare l’esperienza personale in un sistema di regole fondato sul reciproco riconoscimento dei diritti garantiti dalla Costituzione, a tutela della persona, della collettività, dell’ambiente e del lavoro

- Sapere affrontare situazioni problematiche proponendo soluzioni

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Programma delle lezioni

 

 

 

1        L’Italia e l’Europa alla prova delle Guerre Mondiali e della crisi della democrazia liberale

Francesco Soverina (martedì 10 febbraio 2015, ore 15.00)

 

2        La poesia italiana e il suo grido di dolore contro la guerra (Ungaretti, Quasimodo, Montale)

Mariateresa Bongiorno (martedì 24 febbraio 2015, ore 15.00)

 

3        Il romanzo tra testimonianza e impegno sulla condizione esistenziale dell’uomo

Ugo Maria Olivieri (martedì 3 marzo 2015, ore 15.00)

 

4        Il referendum del 1946, la nascita della Repubblica, la Costituzione: rottura e continuità?

Guido D’Agostino (martedì 10 marzo 2015, ore 15.00)

 

5        L’emergere di nuovi protagonisti sociali: i ceti popolari, i lavoratori, le donne. Il “miracolo economico” in Italia e le sue contraddizioni

Arturo Martorelli (martedì 17 marzo 2015, ore 15.00)

 

6        La letteratura al femminile in Italia

Maria Teresa Sarpi (martedì 24 marzo 2015, ore 15.00)

 

7        La letteratura e l’industria

Antonio Maiorano (martedì 31 marzo 2015, ore 15.00)

 

8        La scuola vista dagli scrittori maestri

Annamaria Palmieri (martedì 14 aprile 2015, ore 15.00)

 

9        La “strategia della tensione” tra letteratura e cinema d’inchiesta

Mario Rovinello (martedì 21 aprile 2015, ore 15.00)

 

10    La divisione del mondo in blocchi e l’equilibrio del terrore

Salvatore Minolfi (martedì 5 maggio 2015, ore 15.00)

 

Martedì 12 maggio 2015, ore 15.00

Lezione conclusiva di Piero Bevilacqua

Tra il Novecento e il nuovo millennio

 

 

Il ciclo di lezioni è coordinato dal Dirigente Scolastico Pasquale Malva.

Ai corsisti sarà rilasciato l’attestato di partecipazione.

Ogni lezione inizierà alle ore 15.00 e avrà la durata di un’ora e trenta/due ore circa. Gli incontri si terranno presso il Pan – Palazzo Arti Napoli (via dei Mille 60, 80121 Napoli). È necessario prenotare per l’intero corso o per singole lezioni, scrivendo una mail a mario.rovinello@libero.it, istitutocampano@libero.it e info@cidinapoli.it (per ulteriori informazioni è possibile chiamare il 339-1775861).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leggere il tempo negli spazi – 2 Napoli, Campania, Mezzogiorno, Mediterraneo nella prima guerra mondiale Guido D’Agostino-Francesco Soverina

Il centesimo anniversario dello scoppio della Grande guerra (1914-2014) ci sembra  l’occasione propizia per cercare di colmare una rilevante lacuna sul piano storiografico, ripensando a distanza all’impatto su Napoli e il Mezzogiorno del traumatico atto di nascita del Novecento, della tempesta di sangue e fuoco che ha marchiato in maniera indelebile la coscienza e l’immaginario della società italiana ed europea.

Come ormai è assodato, il tuono dei «cannoni d’agosto» mise fine – per dirla con lo scrittore austriaco Stefan Zweig – al «mondo di ieri», alla «pace dei cento anni» (K. Polanyi), per far posto ad un mondo nuovo, carico di drammi, tensioni ed incertezze. La guerra, intrapresa dai governi e dagli stati maggiori con la convinzione di concluderla in breve tempo, si rivelerà, invece, un’orrenda carneficina, che dissolse molte illusioni e mise in discussione il mito secondo cui l’avvenire, il progresso potevano essere edificati sui pilastri della scienza.

Con il suo tragico svolgimento, il primo conflitto mondiale impresse una «vistosa accelerazione al ritmo della storia» (A. Caracciolo), aprendo un’età segnata da eccezionali progressi, straordinarie conquiste, ma anche da spaventosi e immensi orrori. Non senza ragione si è parlato di «apocalisse della modernità» (E. Gentile), di laboratorio della violenza senza limiti e della «brutalizzazione della lotta politica» (G. L. Mosse). Pressoché inscindibile risulta il binomio guerra-modernità, il quale racchiude dentro di sé il carattere ambivalente, contraddittorio dell’intero secolo ventesimo. La Grande guerra è stata, infatti, una fucina della modernità ai più vari livelli, come attesta tra l’altro l’instaurazione di inedite forme di relazioni tra governanti e governati, basate sul primato dell’esecutivo a scapito del legislativo, dei governi sulle assemblee elettive, un modello politico-istituzionale, questo, destinato a proiettarsi dal presente al futuro.

Quella che è stata definita la «catastrofe originaria del XX secolo», la matrice  dolorosa del Novecento, scandì il brusco passaggio dalla società elitaria alla società di massa, portò all’irruzione sul palcoscenico della storia di nuovi soggetti e di classi fino allora tenute ai margini, all’emergere di quelle «forze profonde» che saranno determinanti per le sorti degli Stati e del potere. Costituì il primo atto della «seconda guerra dei trent’anni» (A. Mayer) o della «guerra dei trentun anni» (E. Hobsbawm), cioè di un periodo contraddistinto dall’instabilità politica, economica e sociale, dalla conflittualità endemica ed esasperata. Uno spartiacque epocale, certo, su cui un osservatore d’eccezione quale Sigmund Freud ebbe a scrivere nel 1915: «Non solo è la più cruenta e disastrosa di tutte le guerre sperimentate fin qui, a causa della micidiale perfezione raggiunta dalle armi sia offensive che difensive, ma è almeno altrettanto crudele, accanita e spietata di ogni altra precedente. Essa oltrepassa ogni limitazione a cui ci si obbliga in tempo di pace: quelle limitazioni che sono andate sotto il nome di diritto delle genti; non riconosce le prerogative del ferito e del medico, né fa distinzioni tra popolazione pacifica e popolazione in armi, e nega il diritto di proprietà privata. Abbatte, con furore cieco, tutto quanto trova sul suo cammino, come se dopo di essa non dovesse più esservi né futuro né pace tra gli uomini. Spezza ogni vincolo comunitario che ancora lega i popoli in lotta e minaccia di lasciar dietro di sé un rancore tale da rendere ancora per lungo tempo impossibile il ripristino di quelle relazioni».

L’assunzione del 1914 come osservatorio privilegiato implica di guardare al prima -all’incubazione dei molteplici motivi di tensione – al durante secondo la periodizzazione proposta da Jay Winter – la guerra delle illusioni, la guerra di posizione e di stallo, la grande carneficina, la rivoluzione e la pace – e al poi – alla «pace cartaginese» imposta a Versailles (J. M. Keynes), alla rottura dei vecchi equilibri in campo internazionale, di quelli politico-sociali per l’erompere di un inedito protagonismo di massa, alle gravi difficoltà dell’economia impegnata nella riconversione postbellica.

Conflitto industriale e di materiali, che ingoiò enormi risorse oltre ad un numero di vite umane senza precedenti, la Grande guerra fu combattuta strenuamente sul fronte occidentale, su quello orientale, nei Balcani, in Medio Oriente e in Africa, configurandosi come il terribile rito d’iniziazione alla modernità, con il coinvolgimento massiccio di popoli in armi e di civili mobilitati, in primo luogo dei 65 milioni di richiamati, che finirono per essere cavie di un gigantesco apparato bellico e sistema di dominio.

Il sisma deflagrato nei Balcani si avvertì in ogni continente ed oceano, ma soprattutto sfociò in un irreversibile mutamento geopolitico, con la cancellazione di ben quattro imperi, nel declino dell’Europa, che dopo quattro anni di sforzi titanici e di battaglie estenuanti si ritroverà dissanguata, impoverita e debitrice, per la prima volta, nei confronti degli Stati Uniti. Agitando parole d’ordine mistificanti (la barbarie contro la civiltà, la Kultur contro la Zivilisation) l’Europa combatté se stessa, «suicidandosi».

Ebbe inizio allora la fine del primato europeo su scala planetaria, una fine sancita dall’esito del secondo conflitto mondiale, in virtù del quale l’Europa retrocesse da fulcro di grandi imperi a duplice appendice di due superpotenze extraeuropee. Oltre alle distruzioni materiali, notevoli specialmente in Francia, ai dissesti economico-finanziari, altissimo è stato il numero di esistenze spezzate o irrimediabilmente colpite e sfigurate dall’avventura bellica cominciata nel 1914.

Milioni sono stati i caduti (all’incirca dieci), i mutilati, le vedove e gli orfani, a cui si sommarono i 20 e 30 milioni falciati dall’epidemia della «spagnola», il flagello che infierì su corpi e territori notevolmente indeboliti da tanti sacrifici. Inoltre, come ha messo in evidenza la storiografia più sensibile ai risvolti psicologici della snervante guerra di trincea e di logoramento, che ebbe come teatro soprattutto il fronte occidentale, profonde furono le cicatrici lasciate nell’universo mentale di tanti soldati, sconvolti dai traumi psichici provocati dalle detonazioni delle bombe, dall’incubo dei gas venefici e delle raffiche delle mitragliatrici («il riso rosso», l’unica arma – come ricordò il grande medievista Marc Bloch – a non risparmiare nessuno). A Bloch si deve una testimonianza e una riflessione pressoché a caldo sulla guerra come «esperimento immenso di psicologia sociale», sulla fabbricazione e diffusione delle «false notizie» che hanno preso piede nelle trincee. Non a caso, fu proprio con la Grande guerra che venne messa a punto la moderna propaganda di massa, a cui fu assegnato il fondamentale compito di cercare di plasmare gli stati d’animo delle truppe e dell’opinione pubblica. Giornalisti, docenti universitari, letterati e registi si misero al servizio dei rispettivi governi per spingere le reclute ad affrontare il fuoco del nemico; intellettuali come Thomas Mann, Peguy, Apollinaire, Papini e D’Annunzio, attingendo alla retorica patriottarda, si fecero banditori del funesto verbo bellicista.

Tra le varie dinamiche innescate dal conflitto, non si può non accennare all’aprirsi di un ciclo rivoluzionario in Russia nel 1917, effetto paradossale di una guerra scatenata anche per arrestare l’avanzata del socialismo, per riaffermare il senso dell’autorità e il rispetto della gerarchia. Già nel 1904 Vilfredo Pareto aveva detto: «Se c’è una guerra europea, il socialismo è ricacciato indietro almeno per un mezzo secolo». Alcuni decenni più tardi Fernand Braudel significativamente osserverà: «… senza esagerare la forza della Seconda Internazionale a partire dal 1901, si può ben affermare che l’Occidente, nel 1914, se si trovava sull’orlo della guerra, si trovava anche sull’orlo del socialismo. Questo era sul punto di prendere il potere, di edificare un’Europa altrettanto e forse più moderna di quella attuale. In pochi giorni, in poche ore, la guerra fece crollare ogni speranza». L’assassinio, il 31 luglio 1914, per mano di un fanatico nazionalista, del leader socialista Jean Jaurès, emblema dell’impegno pacifista, annunciò in maniera sinistra il precipitare, di lì a pochissimo, della Seconda Internazionale in una crisi da cui, di fatto, non si riprese più.

Tuttavia, è stata proprio la guerra a soffiare sul fuoco della rivoluzione e a rilanciare l’ala più radicale del movimento socialista: il protrarsi delle privazioni, l’estendersi della morte anonima e dei lutti divennero insostenibili nel 1917, il tornante decisivo che segnò una svolta sul piano militare, con l’intervento statunitense, e sul piano politico e sociale, con la presa del potere da parte dei bolscevichi di Lenin e il manifestarsi del malcontento fra le truppe e nel fronte interno, presupposti e anticipazioni della rovente stagione del biennio rosso, dell’aspra contesa tra le forze della rivoluzione e quelle della controrivoluzione.

Conflitto di tipo nuovo, la Grande guerra è stata una guerra totale che, piegando l’economia e la società interamente alle impellenti esigenze dei paesi belligeranti,  accentuò la trasformazione degli assetti produttivi messa in moto dalla seconda rivoluzione industriale. Con il ricorso da parte dei governi a forme di dirigismo, diede luogo, anche in questo caso, ad un nuovo modello delle relazioni tra economia e politica che prefigurava l’intervento dello Stato nei meccanismi della produzione e del risparmio, cosa che avvenne massicciamente in risposta al dispiegarsi della crisi degli anni Trenta, quando con la segmentazione del mercato mondiale si volgerà definitivamente le spalle alla prima globalizzazione che aveva toccato il suo punto più alto nel 1913.

Per l’Italia la Grande guerra – evento-processo che ha cambiato, come si è detto, la fisionomia complessiva della società e dello Stato – fu anche un’esperienza collettiva, anzi la prima, grande esperienza corale, con l’incontro di italiani dei più remoti angoli del Paese e di diversa estrazione sociale. Si avviò così la «nazionalizzazione delle masse», da tempo in atto altrove, e declinata, poi, dal fascismo in maniera vieppiù autoritaria e dall’alto. Maturò pure, in vasti strati sociali, la presa di coscienza dei loro diritti, stimolata dalla lunghezza del conflitto, dall’inflessibile disciplina militare, dalla pesantezza della vita in trincea. Le aspirazioni alla giustizia sociale dei combattenti furono, del resto, incautamente sollecitate dagli stessi governanti con le promesse di elargire lavoro a tutti e la terra ai contadini, al fine di risollevare il morale della popolazione, sfibrata da tante sofferenze e rinunce.

Dei 6 milioni di richiamati in Italia più di 5 milioni indossarono l’uniforme e tra questi 4.200.000 si alternarono in prima linea, provenendo per circa il 48% dal Nord, per il 23% dal Centro, per il 17% dal Sud e per il 10% dalle Isole. Dei 615.000 caduti, 100.000 morirono nei campi di prigionia austriaci di fame, freddo e stenti. Se si vogliono cogliere, in ogni area, le implicazioni di queste percentuali e numeri, si rendono necessarie la promozione di ricerche e la raccolta di studi che restituiscano, non sparse tessere di un disordinato mosaico in gran parte da costruire, ma i tratti salienti, i fenomeni più rilevanti di un non trascurabile coinvolgimento dei meridionali e del Mezzogiorno in una guerra che irruppe anche nel vissuto delle comunità e società locali, e ciò alla luce della dialettica dei tempi e degli spazi, già applicata efficacemente per la disamina del cruciale 1943, nelle sue premesse come nelle sue ricadute.

Da un lato volgendo lo sguardo all’indietro, dall’altro proiettandolo in avanti, si possono far emergere le specificità degli ambiti regionali e locali, da indagare e ricostruire tenendo conto delle relazioni con il quadro generale, nel contesto più ampio del Mediterraneo, sulle cui sponde si ingaggiarono sfide non secondarie: le operazioni belliche nei Balcani, l’attacco alleato nei Dardanelli, la controffensiva turca, in coincidenza della quale iniziò il primo genocidio del Novecento a scapito degli armeni, il divampare del duello in Medio Oriente, con il relativo patto Sykes-Picot e la «dichiarazione Balfour», gravidi di conseguenze, la più importante delle quali è la perdurante e lacerante questione israelo-palestinese. Non si dimentichi, peraltro, che il principale scopo per cui la classe dirigente italiana decise di intervenire era di ritagliare, per il Paese, una posizione di un certo rilievo nello scacchiere adriatico-balcanico.

Delle dimensioni e degli innumerevoli aspetti della guerra, di cui la storiografia si è occupata negli ultimi decenni allargando lo spettro delle fonti (dalla letteratura al cinema, dalla fotografia ai monumenti), degna di particolare attenzione è, senza dubbio, la tematica della sottomissione dei fanti-contadini alla disciplina omologante della civiltà moderna (A. Gibelli), un ulteriore passaggio modellizzante, che è venuto  fuori – e ancor più può venir fuori – dall’analisi di materiali documentari quali le lettere dal fronte (ben 4 miliardi di missive furono inviate da una zona all’altra del Paese), i diari e la memorialistica. Altro nodo ineludibile è quello della mobilitazione civile, con le donne, le casalinghe chiamate a subentrare, sia pur temporaneamente, agli uomini nei lavori in città e soprattutto nei campi, e con i minori che, oltre ad aiutare ed affiancare le mamme, furono reclutati per costruire trincee e camminamenti. Quanti meridionali fra i 12 e i 19 anni  – è il caso di chiedersi – si ritrovarono tra le decine di migliaia di ragazzi, che vennero impiegati nei rischiosi cantieri militari a ridosso del fronte?

A loro volta i problemi legati all’approvvigionamento e ai razionamenti, che così tanto si fecero sentire, rinviano al diverso ripercuotersi del conflitto sul rapporto città-campagne, zone costiere-aree interne, dentro cui un ruolo peculiare è stato ricoperto – è quasi scontato sostenerlo – da un grande centro urbano come Napoli, le cui vicende rimandano da un lato alle fratture prodotte dal contagio della febbre interventista, dall’altro alla militarizzazione dell’economia, al potenziamento dell’apparato produttivo e alla concentrazione della manodopera, nel tentativo di allestire rapidamente un esercito moderno. Si ricordi che le forze armate italiane, entrate nel conflitto possedendo soltanto 618 mitragliatrici, ne ricevettero ben 37.000.

Con la guerra, pure nel capoluogo partenopeo, si accrebbe il peso dell’industria, specialmente nel comparto siderurgico e in quello della meccanica pesante, a fronte però del divaricarsi, sul piano generale, della forbice tra Nord e Sud, giacché il capitalismo italiano, grazie alle commesse belliche, compì sì un poderoso balzo in avanti, ma soltanto nel «triangolo industriale». È questa una problematica che sul terreno locale andrebbe ripresa, approfondendo i non pochi contributi esistenti, che risalgono per lo più agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.

Una fonte, preziosa quanto sinora poco esplorata, per comprendere il formarsi della «valanga» interventista e poi il riflettersi a Napoli dell’andamento del conflitto, è costituita dai registri conservati nei maggiori istituti scolastici superiori, con le annotazioni di quegli insegnanti che hanno reiterato gli appelli a battersi ed immolarsi

per «il sacro suolo della patria», in una Napoli che ebbe tra i suoi ‘figli’ Armando Diaz, «il generale della vittoria», E. A. Mario, l’autore della celeberrima Leggenda sul Piave, Amadeo Bordiga, l’intransigente oppositore socialista della guerra, Roberto Bracco, uno dei pochi intellettuali a schierarsi contro l’intervento, in quanto convinto antimilitarista, come lo era del resto quel Giacomo Matteotti che scontò in quegli anni un lungo confino in Sicilia  (su tali punti, vedi ancora più avanti).

Ultima questione, ma non ultima in ordine d’importanza, è quella che si può definire la via monumentale della memoria, ossia la rielaborazione del lutto mediante il culto dei caduti e le pratiche di monumentalizzazione, di cui in larga misura si appropriò il fascismo. Quando alla fine d’ottobre del 1922 Benito Mussolini – in tight – si recò da Vittorio Emanuele III – il «re-soldato» della propaganda nazionalista – esordì dicendo: «Maestà vi porto l’Italia di Vittorio Veneto». L’incarico di governo ricevuto dal tribuno di Predappio, dopo la Marcia su Roma, rappresentava l’affermazione della «trincerocrazia», lo sbocco della travagliata fase cominciata nel 1914 e che catapultò nel 1915 il Paese in guerra, per l’effetto congiunto delle manifestazioni di piazza dell’aggressiva minoranza interventista e delle trame della corona e dell’esecutivo, per le quali Giuliano Procacci in un saggio del 1965 non esitò ad usare la formula impegnativa del colpo di Stato.

 

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Consapevole dell’assoluta rilevanza del tema e dell’occasione importante fornita dal Centenario della I guerra mondiale, nonché intenzionato a valorizzare la presenza l’apporto e il ruolo specifici della realtà meridionale rispetto al terribile ma cruciale evento nazionale, europeo e infine mondiale, l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “Vera Lombardi” si propone  - secondo la linea strategica da esso perseguita nel campo della ricerca scientifica – di attendere, nel prossimo, più immediato futuro, ad un denso programma di iniziative.

Di tale programma costituiscono altrettanti capisaldi una prima raccolta di saggi che dovrebbe vedere la luce entro maggio 2015; quindi, nell’autunno dello stesso anno, un convegno con studiosi napoletani, campani, meridionali e nazionali (se sarà possibile anche con qualche relatore straniero) e relativa pubblicazione degli Atti; più spostata nel tempo una mostra documentaria, fotografica, filmica, oltre che di oggetti, divise, armi, ecc., il più possibile ricca, ben montata e allestita, collocata negli spazi più idonei. Questo, per brevissime linee, ciò che si intende realizzare, secondo un percorso che ha preso il via con l’importante riunione-seminario svolta a Napoli, presso la sede dell’Istituto il 20 giugno 2014, con l’intervento di rappresentanti di molte prestigiose istituzioni culturali cittadine e campane, di studiosi e storici napoletani, delle province della nostra Regione, di vari contesti territoriali del Mezzogiorno, continentale e delle Isole, in molti casi esponenti o responsabili degli omologhi Istituti storici locali della Resistenza (tra i quali, anche, e soprattutto, il Presidente dell’Istituto storico di Reggio Emilia, Mirco Carrattieri).

Relativamente all’ambito napoletano sono emerse numerose indicazioni, o suggestioni, riguardanti le fonti da sistemare, o già sufficientemente in condizione da prestarsi all’eventuale utilizzazione, ma anche quelle letteralmente da ‘scovare’ o riesumare. Ne hanno fornito ragguagli, e alimentato la relativa discussione, la dott.ssa Azzinnari, dell’Archivio di Stato di Napoli (stralci di biografie eccellenti; registri della Leva militare; sezioni dell’archivio di Prefettura e materiali riguardanti l’associazionismo nell’immediato primo dopoguerra); la dott.ssa Fiorella Amato, della Sovrintendenza Archivistica regionale (particolare documentazione inerente le province di Avellino e Benevento; avvisi pubblici; registri di leva e truppa); anche dall’Archivio Storico Municipale, presente con suoi operatori e funzionari, sono venute diverse utili informazioni (fonti di enti assistenziali, dell’Annunziata, oltretutto con riferimento all’epidemia della «spagnola», nonché la proposta di redazione di apposito inventario tematico). Rientrano ancora in tale area larga della documentazione sia il prezioso contributo del preside di Vaio, che partendo dall’esperienza in corso del Forum delle Scuole Storiche napoletane ha illustrato la potenzialità delle fonti raccolte negli archivi scolastici (registri, scrutini, annuari, foto, relazioni di cerimonie, apposizione di lapidi commemorative di caduti legati alla singola scuola); sia della dott.ssa Nappi (Soprintendenza regionale Beni Culturali e già autrice di significative ricerche e volumi sui monumenti ai Caduti nei Comuni delle province di Napoli e Salerno), la quale ha segnalato tra l’altro fondi di particolare interesse  presso il Museo Campano di Capua ed ha evidenziato il ruolo di sostegno finanziario alla realizzazione di molti monumenti da parte di emigrati locali all’estero); sia infine dei collaboratori dell’Istituto Campano: il dottore D’Angelo (fascicoli personali di combattenti e reduci; il diario del parroco di una importante chiesa di Ponticelli, e in genere, registri parrocchiali nonché notizie riguardanti le vittime dell’epidemia già ricordata), la professoressa Cucari (percorsi biografici, cimiteri di guerra), la dottoressa Insolvibile (caduti campani e cadutismo più in generale).

Per restare ancora su Napoli, da evidenziare alcuni rilevanti spunti tematici quali l’infanzia profuga, e le centinaia o migliaia di fanciulli o pre-adolescenti intruppati e inviati nelle zone di guerra per lavoro ausiliario praticamente coatto, su cui hanno insistito il dottor Verolino (autore già di un saggio sui reduci di Ponticelli); la professoressa Selvaggio (Università di Salerno), che in particolare ha ricordato le vicende della nave-asilo Caracciolo (a cui ha dedicato un’accurata monografia) e dunque il percorso da scugnizzi a marinaretti, diffondendosi sul ruolo della Marina

nel corso della guerra, suggerendo il coinvolgimento, nel programma di iniziative,  del Museo del Mare e dell’Istituto Nautico di Bagnoli (“Duca degli Abruzzi”).

Assai incoraggianti e promettenti le notizie fatte pervenire dalla dottoressa Martorelli (Museo di San Martino) circa il deposito, nei locali del Museo, di varia quantità di documenti e reperti, in ogni caso da restaurare e riordinare, proveniente da associazioni reducistiche non più attive. Per i professori Iaccio (Università di Salerno e Napoli) va adeguatamente valutato come il cinema abbia trattato il tema della guerra (nel più generale rapporto cinema-storia), senza trascurare l’apporto che può recare lo studio della toponomastica, o la ricognizione della produzione di canti e musiche negli anni 1914-18; Soverina (ICSR), accanto al cinema, il primario interesse per la letteratura; la riflessione sui fenomeni di mobilitazione industriale (Ilva, Armstrong, OFM, Ansaldo), e relativa documentazione; la doverosa attenzione da portare alla stampa del tempo e all’insorgenza del «biennio rosso».

Fuori da Napoli, ma restando in Campania, interessanti puntualizzazioni e proposte riguardanti Terra di Lavoro – dovute al professore De Marco (Seconda Università di Napoli) -, centrate sull’industria napoletana, il “biennio rosso”, la questione alimentare, il fronte albanese e la linea adriatica. Specifiche osservazioni hanno riguardato Gaeta (oscuramento, l’ossessione fuori controllo per eventuali spie e salvatori; la censura); Capua (il lavoro femminile al Pirotecnico e l’ostilità per il turno di notte); Aversa (manicomio, cartelle cliniche); situazione sanitaria legata alla «spagnola»; nel Casertano agitazioni operaie e opposizione alla guerra. E, ancora, al professore Corvese si debbono osservazioni relativamente alla situazione nelle campagne; mobilitazione della società ‘civile’; persecuzioni politiche, stampa, vignette e tipologia giochi e giocattoli, cartoline; materiale documentario presso Archivio di Stato di Caserta, Museo Campano, Ospedale di Aversa, Scuole).

Dall’Archivio Municipale di Salerno (dottoressa Napoli) sono già partite efficaci iniziative per la raccolta di foto, lettere, documenti, in collaborazione con privati, Scuole, Parrocchie, Congreghe e con la locale Università; già all’attivo, una serie di manifestazioni pubbliche.

Infine Puglia, Calabria, Sicilia; per la prima il professore Leuzzi (Istituto Storico della Resistenza) ha chiarito peculiarità di città e terre adriatiche e invitato a considerare elementi di lungo periodo, rispetto alla stretta cronologia di guerra, legati alla guerra di Libia e al ‘teatro’ balcanico. Anche qui persecuzioni politiche (contro socialisti); prigionieri e profughi; la figura e la vicenda biografica di Tommaso Fiore; Chiesa, Scuole; presenza di un nucleo armeno. Specifico il caso di Bari, il cui sviluppo urbanistico è stato in modo decisivo influenzato dalla guerra e nella quale assai intenso è stato il dibattito ideologico pro e contro l’intervento. Numerose le rivolte bracciantili (femminili) e valutazione, in termini generali, di una configurazione complessiva del caso pugliese come di un laboratorio meridionale.

Della Calabria, il professore e giornalista Pantaleone Sergi (Istituto Calabrese dell’Antifascismo) ha messo in rilievo la necessità di approfondire la partecipazione della regione al primo conflitto mondiale, e, più ancora, di passare in rassegna «cosa avveniva in Calabria negli anni di guerra», attraverso la stampa, alcuni percorsi di vita, un ricco ‘giacimento’ di fotografie. Segnala infine l’arretramento o arresto di un promettente movimento socialista, che si sarebbe ripreso solo diversi anni dopo; per alcuni Comuni (Acri, ad esempio), già realizzati notevoli lavori storici.

Cruciale per la Sicilia – secondo quanto riportato dal professore Mangiameli (Università di Catania) – il rapporto con il Mediterraneo sud-orientale, nonché i legami dell’aristocrazia isolana con realtà austro-tedesche. Intenso il dibattito neutralismo/interventismo, anche per le connessioni, ricadute sul terreno economico (agrumicultura, miniere di zolfo). Vari altri punti toccati: mobilitazione di guerra, abbandono campagne e ritorno del latifondo; renitenza e monumenti ai caduti.

Via via, e su punti specifici, ma anche a conclusione dei lavori, è intervenuto Mirco Carrattieri (tra i curatori del libro Fronti interni, Esi 2014) dando notizia di vari programmi e iniziative in corso (Europeana, Pieve Santo Stefano, Università di Trento), segnatamente, nel territorio emiliano, del data-base di partecipanti, caduti, decorati; lo stesso, per quanto attiene alle composizioni musicali dell’epoca. Importanti ricerche sul neutralismo, sulla «nazionalizzazione delle masse» come prologo del fascismo; per quanto riguarda il Sud, oltre che rispetto ai temi generali, vale necessariamente la pena – a suo avviso – di dedicare speciale cura per scuola, infanzia, associazionismo; ancora, per mobilitazione industriale e situazione nelle campagne, valorizzando specificità di genere e di generazioni, o il dramma di profughi e prigionieri. Anche per Carrattieri, va utilizzata cronologia ‘larga’, e dunque la relazione prima-durante-poi; né si potrebbero trascurare la peculiarità geografico-territoriale e il caso Napoli.

 

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Questi, insomma, i punti di partenza per il comune programma di lavoro (da approfondire, quanto potrà derivare dai e per i territori provinciali e regionali non ancora toccati; così come già è possibile e doveroso apprezzare l’apporto prospettatoci da indagini linguistiche e antropologiche (dottor Petrossi, giovane ricercatore) e dunque dalla chiave metodologica accennata già nella premessa e declinata secondo modelli multi ed interdisciplinari.

 

seminario di lezioni interdisciplinari in occasione del Centenario della Grande Guerra

La delegazione FAI di Napoli e l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea, in occasione del centenario della I Guerra mondiale, e dell’ entrata in guerra dell’Italia, organizzano un seminario di lezioni interdisciplinari rivolto agli allievi dell’ultimo anno degli Istituti di istruzione secondaria di secondo grado.

Traumatico ‘atto di nascita’ del Novecento, la Grande Guerra – come ebbero a definirla i contemporanei per segnalarne la radicale novità – mette fine per sempre al «mondo di ieri», alla «pace dei cento anni», generando tensioni, problemi e aspetti che caratterizzeranno l’intero secolo ventesimo. Si apre allora un’età segnata al tempo stesso da eccezionali progressi materiali, straordinarie conquiste in tutti i campi, ma anche da terribili e immensi orrori.

Il corso, riservato alle classi iscritte al FAI, articolato in otto incontri, secondo il calendario di seguito riportato, tratterà tutti gli aspetti dalla storia, all’arte, alla filosofia, alla letteratura, al cinema, alla musica, della società e cultura italiana ed europea negli anni della guerra.

5 febbraio h.15

Maria Rosaria de Divitiis: Prolusione

Guido D’Agostino-Francesco Soverina:“Grande Guerra e Novecento”

12 febbraio h.15

Laura Capobianco: “Le donne nella prima guerra mondiale”

Luigi Verolino: “Infanzia profuga e bambini al fronte”

19 febbraio h.15

Massimo Loiacono: “Musica in armi”

26 febbraio h.15

Antonio Saccone:“La poesia in trincea: Ungaretti e la Grande Guerra”

5 marzo h.15

Leonardo Di Mauro: “L’architettura negli anni Dieci del Novecento”

12 marzo h.15

Federica de Rosa: “Arte e artisti in Italia negli anni della Grande Guerra”

19 marzo h.15

Pasquale Iaccio: “Il cinema e la Grande Guerra”

26 marzo h.15

Giuseppe Cantillo: “Le filosofie del “mondo di ieri” e la Grande Guerra”

Con questo seminario, il FAI e l’ICSR intendono offrire, in primo luogo agli studenti degli istituti superiori della città, chiavi di lettura e spunti interpretativi su un evento-processo decisivo per la comprensione della contemporaneità, cercando di metterne a fuoco i molteplici risvolti sia in ambito spaziale (Europa, Mediterraneo, Mezzogiorno, Napoli) che sul piano temporale (il prima, il durante, il poi).  Guerra industriale e di massa (con milioni di richiamati, di morti e feriti), quella combattuta tra il 1914 e il 1918 si configura come il primo conflitto totale nella storia, che richiede la mobilitazione generale dei paesi belligeranti, investendo tutte le sfere della società, dell’economia, della politica e della cultura. Notevole il coinvolgimento degli intellettuali: letterati, artisti, filosofi, giornalisti, schierati in gran parte dietro le bandiere dei rispettivi eserciti e impiegati dagli stati maggiori nella costruzione della macchina della propaganda che nasce proprio in quel frangente. Massiccia l’immissione delle donne nel mondo del lavoro, rilevante il fenomeno dei minori utilizzati nelle immediate retrovie del fronte, altissimo il tributo di sangue pagato da quanti indossano l’uniforme. Protrattasi per quasi cinque anni, ad onta delle iniziali aspettative, la Grande guerra non solo modifica irreversibilmente gli assetti geopolitici, con il declino dell’Europa, ma cambia profondamente il rapporto tra individuo e collettività, tra governati e governanti, nonché il paesaggio mentale e l’immaginario collettivo.

 

Le lezioni si svolgeranno nell’Oratorio dei Nobili, Liceo-Ginnasio Statale “A. Genovesi”, in  piazza del Gesù, Napoli,

Il FAI e ICSR ringraziano la Dirigente scolastica prof.ssa Maria Filippone del Liceo Genovesi di Napoli per l’ospitalità e la gentile disponibilità sua e del personale docente e non docente del Liceo

I docenti interessati sono invitati a far pervenire alla segreteria organizzativa presidenzafai.campania@fondoambiente.it e  istitutocampano2@libero.it i nominativi degli allievi (max 15 per classe ogni lezione) che partecipano alle lezioni.

Ad ogni studente verrà rilasciato un attestato di partecipazione.

Napoli, 15 dicembre 2014

presentazione del fascicolo de “il tetto” sulle primavere arabe

13/12/2012, ore 17.30, Fondazione F. De Martino (Municipalità Vomero Arenella)

presentazione fascicolo della rivista “Il Tetto” sulle primavere arabe

 

intervengono

Michelangelo Cocco

Adriano Rossi

Ugo Olivieri

Giovanni La Guardia

 

conclude

Pasquale Colella

presentazione libro Isabella Insolvibile

Martedì 20 novembre 2012, ore 18.00

Libreria Loffredo – Via Kerbaker 19-21, Napoli

presentazione volume Wops. I prigionieri italiani in Gran Bretagna (1941-1946)

di Isabella Insolvibile

intervengono

Mario Rovinello e Erminio Fonzo

sarà presente l’Autrice

 

 

La scuola italiana dall’Unità d’Italia alla Riforma Gelmini, con particolare riferimento alla Provincia di Napoli

FONDAZIONE PAUCIULLO-DELLA VALLE

Ercolano – via San Vito 225/227 – tel. 081/7393086

Sabato 10 novembre 2012, alle 9.30, a cura della Fondazione Pauciullo-Della Valle, in collaborazione con l’Istituto Campano per la Storia della Resistenza, dell’Antifascismo e dell’Età Contemporanea “Vera Lombardi”, nella sede comunale di Villa Maiuri di Ercolano, sita in via Gennaro Niglio n. 23 (già via IV Orologi 23), gentilmente concessa per l’occasione dal Sindaco di Ercolano, avrà luogo un convegno su “La scuola italiana dall’Unità d’Italia alla Riforma Gelmini, con particolare riferimento alla Provincia di Napoli”.

Saluto del Sindaco di Ercolano, dott. Vincenzo Strazzullo

Relazioni:

Prof. Guido D’Agostino, La scuola nel nuovo stato unitario. Da sudditi a cittadini

Dott.ssa Giuseppina Della Valle Pauciullo, La scuola secondaria superiore statale e non statale a Napoli e nella sua provincia

Dott. Luigi De Filippis, La scuola primaria e secondaria di adempimento dell’obbligo e rapporti con le strutture scolastiche regionali

Prof. Mario Rovinello, La scuola italiana dalla Costituzione del 1948 alla Riforma Gelmini: rottura e continuità

Prof. Franco Di Vaio, Gli archivi delle scuole storiche di Napoli

Prof. Ciro Raia, Nino Pino: un uomo di scuola e per la scuola

Prof.ssa Filomena Vicchio Iannone, L’evoluzione storica dell’insegnamento delle lingue straniere in Italia

È prevista la partecipazione del Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale, dott. Diego Bouchè, e di altre autorità civili e politiche.

La S.V. è cordialmente invitata ad intervenire.

 

Il Consiglio Direttivo della Fondazione

Celebrazione del sessantanovesimo anniversario delle Quattro Giornate

PROGRAMMA DELL’ISTITUTO CAMPANO PER LA STORIA

DELLA RESISTENZA, DELL’ANTIFASCISMO E DELL’ETÀ CONTEMPORANEA “VERA LOMBARDI” PER IL 69º ANNIVERSARIO

 DELLE QUATTRO GIORNATE DI NAPOLI

 

 

 

 

 

 

28 settebre:

 

ore 9,00 – 13,00: “La memoria come diritto” / incontri con le scuole nella sede dell’I.C.S.R.

Via Costantino 25 – Fuorigrotta – Napoli

 

ore 17.00: “La memoria come patrimonio culturale”. Concerto di parole, musica e immagini.

Voce narrante: Silvana Jovine

Proiezione del filmato “… di quei giorni” di Romualdo Capone

Sala della Loggia – Maschio Angioino – Napoli

 

 

29 settembre:

 

ore 9,30: proiezione del film di Nanni Loy “Le Quattro Giornate di Napoli”

Biblioteca Monumentale – Liceo E. Pimentel Fonseca – Via B. Croce 2 – Napoli

a cura dell’I.C.S.R. e dell’A.N.P.I.

 

 

1 ottobre:

 

ore 17.30: presentazione del libro di Isabella Insolvibile, Wops. I prigionieri italiani in Gran Bretagna (1941-1946)

ne discutono con l’Autrice: Gloria Chianese, Paolo De Marco, Francesco Soverina.

Modera: Mario Rovinello.

Sala Conferenze delle Edizioni Scientifiche Italiane – Via Chiatamone 7 – Napoli