MILLENOVECENTO66, rassegna su un anno di cinema italiano, con un un omaggio a Carlo Lizzani

Al cinema Massimo di Torino dal 2 al 6 dicembre

la trentaquattresima edizione

della rassegna cinematografica dedicata al cinema italiano anno per anno

organizzata dall’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza,                 

con un omaggio fuori programma a Carlo Lizzani

Il 1966 è in Italia un anno in qualche modo di passaggio, fra l’acme del ‘boom’, ormai decisamente alle spalle, e il Sessantotto. Con il terzo governo Moro (febbraio), che durerà fino al giugno 1968, si mantiene una prudente apertura a sinistra; è l’anno delle prime timide manifestazioni studentesche (si manifesta contro la guerra in Vietnam e al liceo Parini di Milano scoppia il caso della “Zanzara”…), ma è soprattutto l’anno della grande alluvione di Firenze. Sul piano internazionale  prosegue, sotto la presidenza Johnson, l’escalation dell’intervento statunitense in Vietnam e in Cina Mao dà inizio alla rivoluzione culturale.

Il cinema italiano continua a mietere successi economici, ma sembra aver perso una direzione tematica precisa e questo ben si vede nella variegata multidirezionalità dei film della rassegna.

Troviamo infatti la satira feroce di Signori e Signore di Germi (Grand Prix al 19° Festival di Cannes), accostato al primo lungometraggio (per la TV) di Liliana Cavani Francesco d’Assisi, non privo di accenti presessantottini nel tratteggiare la figura del santo.

Pasolini approda con Uccellacci e Uccellini a una dimensione favolistica ma surreale e con esplicite metafore sulla crisi del marxismo e dei valori della Resistenza. Ben diverso il registro picaresco dello sgangherato viaggio in L’Armata Brancaleone, il capolavoro di Monicelli, che con questo film inventa un genere e anche uno straordinario pastiche linguistico.

Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia, la Battaglia d’Algeri di Gillo Pontecorvo riesce a raccontare la fine del colonialismo francese (la guerra d’Algeria, conclusa nel 1962) con accenti epici pur nella sua forma documentaria.

Completano il quadro della rassegna oltre a Quien Sabe? di Damiano Damiani, che si cimenta nel genere spaghetti western, Un uomo a metà di Vittorio De Seta, un film che con rigore introduce nel cinema la psicoanalisi e Incompreso di Comencini che con grazia e misura traduce la storia strappalacrime del romanzo.

La rassegna si conclude, nel segno di un omaggio al 70° della Resistenza, con Andremo in città di Nelo Risi e Le stagioni del nostro amore di Vancini, completati da Achtung! Banditi! di Carlo Lizzani, certamente fuori data (è del 1951) ma che ci aiuta a ricordare un grande regista del nostro cinema recentemente scomparso.

 

PROGRAMMA

2 dicembre

  • ore 16: Francesco d’Assisi
  • ore 18,30: Un uomo a metà
  • ore 20,30: Uccellacci e uccellini
  • ore 22,15: L’armata Brancaleone

3 dicembre

  • ore 16: L’armata Brancaleone
  • ore 18,15: Incompreso
  • ore 20,15: La battaglia di Algeri
  • ore 22,30: Signore e signori

4 dicembre

  • ore 16: La battaglia di Algeri
  • ore 18,15: Quien sabe?

6 dicembre

  • ore 16,30: Andremo in città
  • ore 18,30: Le stagioni del nostro amore
  • ore 20,30: omaggio a Carlo Lizzani. Introduce Gianni Rondolino; seguono un frammento di intervista a Lizzani e la proiezione del film Achtung! Banditi!

 

A cura dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza,

del Museo Nazionale del Cinema di Torino e del Centro Sperimentale di Cinematografia,

con il contributo della Direzione Generale Cinema Ministero per i Beni e le Attività Culturali

 

MILLENOVECENTO65. Trentatreesima rassegna di cinema e storia

                                    L’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza ripropone ancora una volta una selezione di film usciti in Italia nello stesso anno (in questo caso si tratta del 1965), come sempre muovendo dalla convinzione che un insieme di opere coeve possa restituire, riflettendole ed elaborandole, linee di tendenza, tensioni e reazioni sociali e culturali dell’epoca che le esprime.

La rassegna si svilupperà nel corso di tre giorni, il 3, il 4 e il 5 dicembre, al cinema Massimo 3, proponendo nove film. Fra gli autori dei film in rassegna troviamo i nomi importanti di Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Carlo Lizzani, Valerio Zurlini, Antonio Pietrangeli, Alberto Lattuada, Ermanno Olmi, Federico Fellini, e quello di un esordiente nel 1965, Marco Bellocchio.

L’Italia del 1965, a cui quei film erano più immediatamente destinati, è un contesto nel quale il ‘boom’ è ormai decisamente alle spalle e sono politicamente prevalse politiche restrittive sui redditi con il conseguente rallentamento di investimenti e produzione e la lievitazione della disoccupazione (oltre che della piaga della fuga dei capitali all’estero). I prezzi tuttavia salgono in un paese oramai culturalmente sprovincializzato (e, soprattutto nel mondo giovanile, ‘americanizzato’): la curva dei consumi, soprattutto di beni non durevoli, per cui il paese è ancora poco attrezzato, si mantiene infatti in alto. Su tutto aleggia il dramma in crescendo dell’intervento degli Stati Uniti nella guerra in Vietnam. A delineare l’orizzonte internazionale che farà da contesto all’incendio del non lontano 1968, va richiamata inoltre per il 1965 la scelta di Ernesto Che Guevara di lasciare il ministero dell’industria a Cuba per impegnarsi personalmente nella costituzione di un fronte di guerriglia in Bolivia, mentre a novembre in Cina si fanno i primi passi di quella “rivoluzione culturale” maoista, idolatrata, anche in Occidente, contrastata, poi esecrata, ma non ancora equilibratamente soppesata in tutta la sua storica, indubbia rilevanza.

Il cinema, in drastico calo di produzione (dai 218 film dell’anno precedente si passa ai 144 del 1965) registra i confusi fermenti, i sussulti sotterranei di un epoca in movimento oltre gli orizzonti del ‘miracolo’ economico.

Dei nove film in rassegna due forse più di tutti ci sembrano rappresentativi: Comizi d’amore di Pier Paolo Pasolini, uno straordinario film inchiesta che esplora non tanto e non solo i costumi sessuali degli italiani ma soprattutto i loro radicati e inconfessati tabù, e I pugni in tasca del giovane Marco Bellocchio, diventato ben presto un vero e proprio cult per i tocchi di crudele verità con cui affronta il tema del disfacimento della famiglia borghese tradizionale. Ma anche il ritratto di ragazza che Pietrangeli disegna con estrema sensibilità in Io la conoscevo bene scopre nella tensione fra essere (in primo luogo donna) e apparire la chiave di volta di nuove forme di sfruttamento, di inautenticità e di desolazione. Si può accostare a quello anticipatore di Pietrangeli il ritratto sempre femminile che propone Fellini in Giulietta degli spiriti, in cui è in qualche modo in causa il tema della (non facile) sopravvivenza al crollo dei mondi convenzionali, mentre La Celestina P…R… di Lizzani è più che altro una divertente occasione per celebrare la ricomparsa sugli schermi, dopo anni e anni, della diva del Ventennio Assia Noris. Visconti rilegge nell’intento di attualizzarlo l’archetipo della tragedia in Vaghe stelle dell’Orsa e Lattuada il Machiavelli della Mandragola con in mente la pochade e (per fortuna) Totò nel cast. Al comportamento dei militari italiani nelle aree d’occupazione nel corso della Seconda guerra mondiale rivolge con netti accenti critici la sua attenzione Valerio Zurlini in Le soldatesse (intervenendo a suo modo sul luogo comune di lungo corso degli “italiani brava gente”), mentre Olmi si prefigge in E venne un uomo un ritratto del grande papa del Concilio appena scomparso, Giovanni XXIII, sperimentando formule espressive che gli evitino i grandi rischi della messa in scena nel caso della rievocazione di personaggi storici.