“La memoria non è mai cimitero”. I meccanismi della Shoah nella storia dell’uomo

Spettacolo teatrale di e con Marco Gobetti, musiche di Dario Buccino. Corpi, parole, azione, musica e canto per essere pronti alle andate e ai ritorni.Cavalcare i secoli. Intelligenza e conoscenza. Capire oltre alle apparenze. Avere il coraggio di pensare e sognare… (https://drive.google.com/file/d/1K41cL6E4ilLd_vgoQC5XVRiW3PtdX1cZ/view)

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“Arte per la vita”

Concerto della violinista Cecilia Fabbro. L’arte, in tutte le sue sfumature, fu fondamentale per sopravvivere alla quotidianità disumanizzante del campo di concentramento.

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Concerto per la memoria

Concerto dell’ensemble MISHKALE’, Klezmer e Gipsy Music. Lo shtetl, il villaggio ebraico dell’Est Europa, rivive in questo concerto attraverso la musica klezmer, le canzoni in yiddish e i racconti di quelle comunità spezzate dalla shoah.

“Triangoli rossi. Voci della deportazione”

Proiezione del documentario, curato da Nicoletta Fasano e Mario Renosio, dedicato ai deportati dall’Astigiano: per la prima volta le loro voci e le loro testimonianze si uniscono in un unico coro che ricostruisce la drammatica quotidianità del campo di concentramento e i difficili ritorni.

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“E’ bello vivere liberi”

Ritorna nell’Astigiano lo spettacolo di Marta Cuscunà sulla vita di Ondina Peteano al teatro Balbo di Canelli (At). Per approfondimenti: https://www.martacuscuna.it/e-bello-vivere-liberi/

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Guido suonava il violino

Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una ricercatrice, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine, chiedendole di dedicarsi, anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio. Quel violino uscito dalla polvere di una cantina pare dotato di volontà propria: stride, geme, chiama con veemenza e ottiene ascolto. E racconta la vicenda di una famiglia ebrea sfollata al tempo delle leggi razziali e della guerra, con gli immancabili risvolti di sradicamento, discriminazione, deportazione. Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro se stessa, la ricercatrice comprenderà che restituire il nome al proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di resistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare, cancellare. Chi sono i “sommersi”, chi i “salvati”, allora come oggi? Chi i complici? Quali i giusti? Dove si colloca la protagonista stessa, nel suo mettersi in gioco – donna ed essere umano prima ancora che investigatrice – per svelare la verità intorno a questa vicenda? Il nodo centrale del lavoro teatrale non è tanto la Shoah, ma ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami.locandina-annone

La strada di casa. Il ritorno in Italia dei sopravvissuti alla Shoah

Elisa Guida (docente di storia contemporanea presso l’Università della Tuscia) presenterà il suo libro, edito da Viella, sui difficili ritorni, sulle complesse ricostruzioni delle vite dei sopravvissuti italiani alla deportazione.

17-febbraio

Per iscrizioni: http://www.scuolealmuseo.it/blogdidattica/

Guido suonava il violino

Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una ricercatrice, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine, chiedendole di dedicarsi, anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio. Quel violino uscito dalla polvere di una cantina pare dotato di volontà propria: stride, geme, chiama con veemenza e ottiene ascolto. E racconta la vicenda di una famiglia ebrea sfollata al tempo delle leggi razziali e della guerra, con gli immancabili risvolti di sradicamento, discriminazione, deportazione. Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro se stessa, la ricercatrice comprenderà che restituire il nome al proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di resistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare, cancellare. Chi sono i “sommersi”, chi i “salvati”, allora come oggi? Chi i complici? Quali i giusti? Dove si colloca la protagonista stessa, nel suo mettersi in gioco – donna ed essere umano prima ancora che investigatrice – per svelare la verità intorno a questa vicenda? Il nodo centrale del lavoro teatrale non è tanto la Shoah, ma ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami.

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Dopo il 16 ottobre. Gli ebrei a Roma tra occupazione, resistenza, accoglienza e delazioni (1943-1944)

Silvia Haia Antonucci (responsabile Archivio storico della Comunità ebraica di Roma) e Claudio Procaccia (direttore del Dipartimento per i Beni e le Attività Culturali della Comunità ebraica di Roma) presenteranno il libro curato per la casa editrice Viella, risultato di una ricerca coordinata dal Museo della Shoah di Roma (https://www.viella.it/libro/9788867284870)

Per iscrizioni: http://www.scuolealmuseo.it/blogdidattica/

Guido suonava il violino

Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una ricercatrice, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine, chiedendole di dedicarsi, anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio. Quel violino uscito dalla polvere di una cantina pare dotato di volontà propria: stride, geme, chiama con veemenza e ottiene ascolto. E racconta la vicenda di una famiglia ebrea sfollata al tempo delle leggi razziali e della guerra, con gli immancabili risvolti di sradicamento, discriminazione, deportazione. Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro se stessa, la ricercatrice comprenderà che restituire il nome al proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di resistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare, cancellare. Chi sono i “sommersi”, chi i “salvati”, allora come oggi? Chi i complici? Quali i giusti? Dove si colloca la protagonista stessa, nel suo mettersi in gioco – donna ed essere umano prima ancora che investigatrice – per svelare la verità intorno a questa vicenda? Il nodo centrale del lavoro teatrale non è tanto la Shoah, ma ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami.

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