“Il poema dei Salvati. Storie di accoglienza nel Canellese”

Il Teatro degli Acerbi con l’Associazione Memoria Viva di Canelli (At) e l’Israt organizzano la proiezione di un documentario che ricostruisce la vicenda di quasi cinquecento ebrei croati internati nell’Astigiano e le storie di accoglienza e di protezione che hanno permesso la salvezza della maggior parte di loro.

Dalla censura alle leggi razziali. Il fascismo e la Biblioteca dell’Archiginnasio di Bologna

Il regime fascista ha esercitato un controllo ferreo sulla vita culturale italiana. Nella storia della Biblioteca dell’Archiginnasio, prestigiosa istituzione culturale bolognese, ritroviamo numerose tracce della politica culturale del fascismo: dalla censura dei libri sgraditi alle discriminazioni scaturite dalla promulgazione delle leggi razziali.
Ne parliamo con: Maurizio Avanzolini (Biblioteca dell’Archiginnasio)
Conduce: Luca Pastore (Istituto storico Parri)
Lunedì 25 gennaio 2021, ore 17, in diretta sulla pagina facebook dell’Istituto storico Parri

“Guido suonava il violino”

Spettacolo teatrale, testo e regia di Patrizia Camatel, con Elena Formantici, liberamente tratto dal racconto Un violino di Nicoletta Fasano. Si tratta di un monologo teatrale tutto al femminile che si dipana come un racconto giallo e assume le misteriose atmosfere di un thriller a carattere storico. Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una donna, ricercatrice di professione, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine e chiedendole di dedicarsi, anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio. Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro se stessa, la ricercatrice comprenderà che restituire il nome al proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di resistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare. Il nodo centrale del lavoro teatrale non è tanto la Shoah, ma ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami. Un monito attualissimo a non lasciar indietro nessuno, a farsi carico degli altri: perché se si ha il coraggio di guardare negli occhi l’altro, chiamandolo per nome, forse sarà possibile evitare che in altri tempi, in altri luoghi, si permetta che uomini, donne e bambini “anonimi” soffrano e muoiano nell’indifferenza generale.guido_suonava_violino

 

“Guido suonava il violino”

A San Damiano d’Asti (alle ore 10,00 per gli studenti delle scuole superiori e alle ore 21,00 per il pubblico) due repliche dello Spettacolo teatrale, testo e regia di Patrizia Camatel, con Elena Formantici, liberamente tratto dal racconto Un violino di Nicoletta Fasano. Si tratta di un monologo teatrale tutto al femminile che si dipana come un racconto giallo e assume le misteriose atmosfere di un thriller a carattere storico. Un vecchio violino entra prepotentemente nella quotidianità di una donna, ricercatrice di professione, costringendola ad abbandonare il suo rassicurante, scientifico metodo di indagine e chiedendole di dedicarsi, anima e cuore, alla ricostruzione di una storia da salvare dall’oblio. Attraverso un sofferto percorso di ricerca, specialmente dentro se stessa, la ricercatrice comprenderà che restituire il nome al proprietario del violino è affermare la sua esistenza: un atto di resistenza contro il sistema concentrazionario nazifascista, progettato per annientare, spersonalizzare. Il nodo centrale del lavoro teatrale non è tanto la Shoah, ma ciò che l’ha preceduto: la vita delle singole persone, con le loro gioie, miserie, speranze, scelte, legami. Un monito attualissimo a non lasciar indietro nessuno, a farsi carico degli altri: perché se si ha il coraggio di guardare negli occhi l’altro, chiamandolo per nome, forse sarà possibile evitare che in altri tempi, in altri luoghi, si permetta che uomini, donne e bambini “anonimi” soffrano e muoiano nell’indifferenza generale.

 

 

 

“La deportazione ebraica in Piemonte”

Nell’ambito delle conferenze dell’Università della Terza Età del Chivassese ed in occasione della Giornata della Memoria, Nicoletta Fasano e Mario Renosio (Israt) ricostruiranno le dinamiche, le responsabilità e le modalità che hanno portato all’arresto ed alla deportazione degli ebrei dal Piemonte.

La memoria dell’offesa. Linee di ricerca e iniziative delle scuole nell’anniversario delle leggi razziali

Il seminario di studi giunge al termine di un anno di intensa attività delle scuole sui temi delle leggi razziali e dell’itinerario tragico che le collegò ad Auschwitz. Numerose le parole chiave che hanno intessuto i molteplici lavori che si sono succeduti: pregiudizio, discriminazione, indifferenza, delazione e, all’opposto, accoglienza, salvamento, responsabilità, disobbedienza (alle leggi inique). Un insieme di parole chiave che rimanda a temi e problemi strettamente legati ai fenomeni studiati, ma che conservano una forte attualità in questo incerto e inquieto presente. Gli studiosi chiamati a partecipare al seminario e gli insegnanti che illustrano alcune delle buone pratiche condotte nella regione provano a fornire alcune linee di lavoro sulle quali procedere nel corso del prossimo anno.

Un’iniziativa organizzata dall’Istoreto e dall’Ufficio scolastico regionale.

Presso l’ITIS Avogadro, via Rossini 18

Per saperne di più

Programma del seminario

Scheda di iscrizione

Piacenza 1938-1945. Le Leggi razziali

Presso la Scuola media “G.Anguissola” piazza Trento a Travo (PC), dalle ore 10:30 alle ore 12:30, sarà possibile visitare la mostra documentaria

Piacenza 1938-1945. Le Leggi razziali

Inaugurazione sabato 23 febbraio, ore 11:00

Per prenotare una visita guidata: istitutostoricopiacenza@gmail.com

Un’esposizione che in 40 pannelli illustra le culture razziste, i contenuti legislativi, l’applicazione della normativa di ottanta anni fa a Piacenza attraverso numerose “storie di vita” di perseguitati e vittime della Shoah.

La mostra è curata dall’ISREC.

Per approfondire

Anche i piacentini, come tutti gli italiani, furono coinvolti nella campagna di “formazione al razzismo” orchestrata dal regime attraverso la stampa, le dotte conferenze nei locali “Istituti di Cultura”, la scuola. Gli interventi, che vedevano il coinvolgimento degli intellettuali più noti nell’opera d’indottrinamento – spesso professori dei licei cittadini -, miravano a divulgare una cultura impastata di razzismo paternalistico, di nazionalismo ed esaltazione della “stirpe guerriera”. Quando il razzismo diventò antisemita, si procedette a un articolato intervento di revisione dei libri di testo, di “bonifica libraria” e soprattutto di riordino didattico dei programmi di studio (la “Carta della Scuola” è del 19 gennaio 1939, seguendo di pochi mesi l’espulsione scolastica degli ebrei), che maestre, direttori e presidi si affrettarono ad adottare anche nei nostri istituti e nell’assoluto silenzio dei collegi docenti deliberanti, in applicazione alle circolari del ministro Giuseppe Bottai.

La propaganda che la mostra racconta attarverso le immgini dell’epoca incise effettivamente sulle coscienze o l’antisemitismo rimase un affare di Stato subìto passivamente dai più? Non siamo in grado di determinarlo.

Possiamo però osservare che l’applicazione delle leggi razziali da parte dei funzionari periferici delle istituzioni e degli organi di polizia fu puntuale, meticolosa, assidua, capillare per tutti gli ebrei della Provincia, lasciando il resto della cittadinanza – per paura o per convinzione – completamente o in massima parte indifferente, mentre rarissime, anche se preziose, furono le eccezioni di aiuto ai perseguitati. E non si può ritenere che l’azione delle autorità rimanesse ignota alla popolazione, per la diffusione dei messaggi propagandistici e il pedantesco impegno delle istituzioni.

La mostra racconta la loro e la nostra storia.

Piacenza 1938-1945. Le Leggi razziali

4 febbraio – 16 febbraio 2019 ore 10:30 – 12:30
Biblioteca Comunale Villa Braghieri via Mulini – Castel San Giovanni (PC)

Esposizione della mostra documentaria

Piacenza 1938-1945. Le Leggi razziali

Inaugurazione martedì 5 febbraio, ore 11:30

Per prenotare una visita guidata: istitutostoricopiacenza@gmail.com

Un’esposizione che in 40 pannelli illustra le culture razziste, i contenuti legislativi, l’applicazione della normativa di ottanta anni fa a Piacenza attraverso numerose “storie di vita” di perseguitati e vittime della Shoah.

La mostra è curata dall’ISREC.

Per approfondire

Anche i piacentini, come tutti gli italiani, furono coinvolti nella campagna di “formazione al razzismo” orchestrata dal regime attraverso la stampa, le dotte conferenze nei locali “Istituti di Cultura”, la scuola. Gli interventi, che vedevano il coinvolgimento degli intellettuali più noti nell’opera d’indottrinamento – spesso professori dei licei cittadini -, miravano a divulgare una cultura impastata di razzismo paternalistico, di nazionalismo ed esaltazione della “stirpe guerriera”. Quando il razzismo diventò antisemita, si procedette a un articolato intervento di revisione dei libri di testo, di “bonifica libraria” e soprattutto di riordino didattico dei programmi di studio (la “Carta della Scuola” è del 19 gennaio 1939, seguendo di pochi mesi l’espulsione scolastica degli ebrei), che maestre, direttori e presidi si affrettarono ad adottare anche nei nostri istituti e nell’assoluto silenzio dei collegi docenti deliberanti, in applicazione alle circolari del ministro Giuseppe Bottai.

La propaganda che la mostra racconta attarverso le immgini dell’epoca incise effettivamente sulle coscienze o l’antisemitismo rimase un affare di Stato subìto passivamente dai più? Non siamo in grado di determinarlo.

Possiamo però osservare che l’applicazione delle leggi razziali da parte dei funzionari periferici delle istituzioni e degli organi di polizia fu puntuale, meticolosa, assidua, capillare per tutti gli ebrei della Provincia, lasciando il resto della cittadinanza – per paura o per convinzione – completamente o in massima parte indifferente, mentre rarissime, anche se preziose, furono le eccezioni di aiuto ai perseguitati. E non si può ritenere che l’azione delle autorità rimanesse ignota alla popolazione, per la diffusione dei messaggi propagandistici e il pedantesco impegno delle istituzioni.

La mostra racconta la loro e la nostra storia.

PIACENZA 1938-1945. LE LEGGI RAZZIALI

Presso il Centro Polivalente Umberto I, piazza Roma – Sarmato (PC), dal 24 gennaio al 3 febbraio (ore 10:30-12:30) sarà possibile visitare l’esposizione della mostra documentaria

PIACENZA 1938-1945. LE LEGGI RAZZIALI

Inaugurazione sabato 26 gennaio, ore 9:30

Per prenotare una visita guidata: istitutostoricopiacenza@gmail.com

Un’esposizione che in 40 pannelli illustra le culture razziste, i contenuti legislativi, l’applicazione della normativa di ottanta anni fa a Piacenza attraverso numerose “storie di vita” di perseguitati e vittime della Shoah.

La mostra è curata dall’ISREC.

PER APPROFONDIRE

Anche i piacentini, come tutti gli italiani, furono coinvolti nella campagna di “formazione al razzismo” orchestrata dal regime attraverso la stampa, le dotte conferenze nei locali “Istituti di Cultura”, la scuola. Gli interventi, che vedevano il coinvolgimento degli intellettuali più noti nell’opera d’indottrinamento – spesso professori dei licei cittadini -, miravano a divulgare una cultura impastata di razzismo paternalistico, di nazionalismo ed esaltazione della “stirpe guerriera”. Quando il razzismo diventò antisemita, si procedette a un articolato intervento di revisione dei libri di testo, di “bonifica libraria” e soprattutto di riordino didattico dei programmi di studio (la “Carta della Scuola” è del 19 gennaio 1939, seguendo di pochi mesi l’espulsione scolastica degli ebrei), che maestre, direttori e presidi si affrettarono ad adottare anche nei nostri istituti e nell’assoluto silenzio dei collegi docenti deliberanti, in applicazione alle circolari del ministro Giuseppe Bottai.

La propaganda che la mostra racconta attarverso le immgini dell’epoca incise effettivamente sulle coscienze o l’antisemitismo rimase un affare di Stato subìto passivamente dai più? Non siamo in grado di determinarlo.

Possiamo però osservare che l’applicazione delle leggi razziali da parte dei funzionari periferici delle istituzioni e degli organi di polizia fu puntuale, meticolosa, assidua, capillare per tutti gli ebrei della Provincia, lasciando il resto della cittadinanza – per paura o per convinzione – completamente o in massima parte indifferente, mentre rarissime, anche se preziose, furono le eccezioni di aiuto ai perseguitati. E non si può ritenere che l’azione delle autorità rimanesse ignota alla popolazione, per la diffusione dei messaggi propagandistici e il pedantesco impegno delle istituzioni.

La mostra racconta la loro e la nostra storia.

Una surreale normalità. L’Italia al tempo delle leggi antiebraiche

Proiezione del docuweb sull’Italia al tempo delle leggi antiebraiche

25 gennaio 2019, ore 18
Casa della memoria
via Confalonieri 14, Milano (MM5 Isola | MM2 Gioia)

Nel 1938 l’Italia si dota, come altri paesi europei, di una completa e moderna legislazione razziale che esclude gli ebrei dalla vita sociale ed economica del paese, e cancella in un sol colpo oltre sessant’anni di assimilazione e partecipazione alla vita pubblica da parte della minoranza ebraica.

La propaganda di regime traccia un solco profondo tra gli ebrei ed il resto della popolazione italiana, in un crescendo di annunci e prese di posizione che mettono al centro del dibattito pubblico il mito della razza e il pregiudizio antiebraico, predisponendo il clima culturale e politico che porta all’emanazione dei “provvedimenti per la difesa della razza”.

Il documentario ripercorre le fasi che hanno portato alla promulgazione delle leggi antiebraiche, inserendole nel contesto dell’ebraismo italiano di inizio Novecento, e la conseguente reazione delle comunità israelitiche, e dei suoi componenti, all’emarginazione inaspettata. Attraverso la voce di storici, testimoni ed esperti la ricostruzione permette di confrontarsi con gli effetti e le conseguenze di questi provvedimenti, mostrandone la pervasività e l’efficacia.

Alla prospettiva di carattere nazionale si affianca la ricostruzione dell’impatto che le leggi del 1938 hanno avuto su Modena e sulla locale comunità ebraica, con il racconto di come questa abbia fatto fronte alle difficoltà ed alle privazioni dei propri iscritti. L’immediata creazione di una rete di sostegno fra correligionari, l’organizzazione di una scuola interna e il tentativo di opporsi alla persecuzione sono alcuni degli aspetti che caratterizzano i mesi successivi all’entrata in vigore delle leggi antiebraiche.

Il suicidio dell’editore modenese ed ebreo Angelo Fortunato Formiggini, che si getta dalla Ghirlandina il 29 novembre 1938, in aperta polemica con il regime di Mussolini e con i recenti provvedimenti razziali, è l’episodio simbolo dello sgomento ma è anche l’occasione per riscoprire la produzione di un geniale uomo di cultura ed il suo straordinario archivio, da lui stesso donato alla Biblioteca Estense di Modena e ancora ivi conservato.

Attraverso i filmati d’epoca dell’Istituto Luce e un apparato documentario ampio ed articolato, tratto dai principali archivi cittadini oltre che da fondi privati, la ricostruzione si sviluppa fino al culmine della persecuzione, con gli arresti e le deportazioni. La riflessione abbraccia anche il periodo successivo al termine della guerra mondiale, raccontando la difficile ripresa che l’Italia affronta e il complesso spostamento dei profughi ebrei, per molti dei quali Modena ha svolto un ruolo centrale a livello europeo. L’abolizione delle leggi antiebraiche si è rivelata un processo lento e difficile che gli ebrei italiani hanno dovuto affrontare tra ostacoli e difficoltà per tornare alla vita, spesso impiegandoci molti anni prima di vedere riconosciuti i propri diritti e trovare spazio nella memoria pubblica.

A ottanta anni di distanza dall’emanazione dei provvedimenti che hanno dato vita ad una persecuzione di stato è giusto interrogarsi su cosa abbia significato l’esclusione di una parte dei cittadini italiani dalla comunità nazionale, e sui meccanismi che hanno dato vita ad uno stato autoritario che ha creato la propria identità anche attraverso l’esclusione e la persecuzione di una minoranza.


 

Una surreale normalità

Regia: Federico Baracchi, Nico Guidetti

Coordinamento scientifico: Giulia Dodi

Con l’intervento di:
Marta Affricano
Matteo Al-Kalak
Martina Bagnoli
Lorenzo Bertucelli
Alberto Cavaglion
Federica Di Padova
Giulia Dodi
Valeria Galimi
Beniamino Goldstein
Amedeo Osti Guerrazzi
Liliana Pacciotto Fargion
Michele Sarfatti
Guri Schwarz
Claudio Silingardi
Giovanni Taurasi
Sara Torresan

Archivi consultati:
Archivio della Comunità Ebraica di Modena
Archivio di Stato di Modena
Archivio Storico Comunale di Modena
Biblioteca Estense Universitaria – Fondo Formiggini
Fondazione Modena Arti Visive
Fondo privato famiglia Sinigaglia
Fondo privato di Marta Affricano
Istituto Luce
Istituto Storico di Modena